Valerio Bianchini e i duelli con Dan Peterson

Le parole di Valerio Bianchini

Valerio Bianchini ha ripercorso con La Repubblica i suoi 80 anni: “Vivevamo nella bassa bergamasca dove Olmi ha girato L’Albero degli Zoccoli, poi ci siamo trasferiti a Milano con mia madre che mi ha educato ai libri. Leggevo sempre, non uscivo mai di casa, allora lei mi trascinò all’oratorio e lì trovai i canestri, il sogno americano, i Platters. Mio zio lavorava in un negozio di moda dove Bongoncelli, padrino del basket moderno in Italia e dell’Olimpia, portava i suoi giocatori a vestirsi. Così iniziai a frequentare il Palalido, mi mettevo seduto dietro alla panchina di Rubini e appena chiamava il timeout io cercavo di immaginare i cambi che avrebbe fatto anche se per lui il basket era correre, tirare, difendere”.

“L’avversario più ostico? Sempre Dan Peterson perché era quello con più glamour e valore. Rappresentava Milano e la sua task force. Ci siamo confrontati tante volte, la sua difesa laser con Mike D’Antoni metteva paura. Batterlo è stato un lavoro complesso, prima con una squadra di provincia, poi con quella della capitale che però nel basket non lo era. Era una Roma uscita dalla Dolce Vita, che si toglieva dalle spalle la polvere della città ministeriale: con Liedholm e Falcao vinceva lo scudetto nel calcio, piccole aziende digitali nascevano, c’era un risveglio”.

Gigi Datome intanto ha parlato a “La Nuova Sardegna” del finale della stagione che ha portato allo Scudetto dell’EA7 Emporio Armani Milano, al titolo di MVP UnipolSai delle Finals e poi alla decisione di ritirarsi dopo il Mondiale con l’Italia nelle Filippine: “È una scelta che stavo maturando pian piano. Su certe decisioni così importanti, non bisogna lasciarsi trasportare dalle emozioni. Mi ero ripromesso di decidere a fine stagione, ma in cuor mio sapevo che era giusto fermarmi adesso o tra poco. Di certo volevo farlo da giocatore di alto livello, non come uno che lo era stato. E siccome è finita benissimo, non avrei potuto scegliere un finale migliore”.

Datome poi avrà un ruolo nell’Olimpia anche fuori dal campo: “Sono contento che mi sia stata offerta questa opportunità importantissima, che mi consente di stare dietro alla squadra. Il ruolo è diverso, ma sono anche spinto dalla grande curiosità per imparare. Da giocatore non voglio dire che non avessi più nulla da imparare, ma ne avevo viste tante. Ora però si parte da zero. Il ruolo? Sarà più sul versante dirigenziale che tecnico”.

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