Federico Pasquini si gode la nuova Sassari

Le parole di Federico Pasquini

Il General Manager di Sassari Federico Pasquini ha fatto il punto della situazione su “La Nuova Sardegna”: “Abbiamo optato per una strategia aggressiva da subito, perché ciò ti consente di prendere giocatori che davvero vedano la Dinamo non come un ripiego, ma come opportunità di fare l’ultimo salto di qualità in carriera, o comunque di mantenere un buono standard. Quest’anno in Serie A ci saranno 10-12 giocatori che sono passati da qui, e questo è un segnale pesante per chi firma per noi ora. Contano la serietà, le garanzie economiche, il fatto di poter vivere in una bella realtà, ma soprattutto la prospettiva di un futuro per la tua carriera. Sassari la dà”.

“Nella gestione Bucchi hanno contato molto due aspetti. Il primo è il ruolo del play: il rendimento di Robinson nel primo anno e quello di Dowe nel secondo sono stati la chiave di grandi strisce di vittorie, da qui la scelta di partire con i registi. Il secondo aspetto è la necessità di avere sempre in campo due creatori di gioco: l’esperimento Dowe-Robinson è andato bene sinché gli infortuni non lo hanno frenato, ma anche Robinson-Gentile e Dowe-Gentile in certi momenti della stagione hanno dato buoni riscontri. Questa volta puntiamo su Whittaker-Tyree/ Cappelletti-Gentile, più forza il primo play, più energia l’altro, più elettricità la prima guardia, più pensante la seconda”.

Capitolo Diop: “Sul fatto che Ousmane sia rimasto a Sassari il merito più grosso è di Stefano Sardara. Avrebbe potuto capitalizzare con un buyout come spesso accade con i giocatori in scadenza di contratto e con tante offerte, ma fin dal primo momento è stato grandioso perché tenendo la barra dritta ha messo sempre il progetto tecnico davanti a tutto e ha tenuto conto della voglia di Bucchi e mia di cavalcare l’onda di un giocatore in cui crediamo tantissimo. Perché vorrei firmare Diop? Perché penso che Sassari sia una grande società. Ha vinto 6 trofei in 12 anni, ha fatto le ultime due semifinali scudetto in una pallacanestro italiana in cui il budget di almeno 5-6 squadre è arrivato a un livello davvero altissimo. È normale cullare un certo tipo di ambizioni”.

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