Bryant Dunston pronto a caricarsi l’Olimpia Milano sulle spalle

Articolo di Andrea Gussoni

Bryant Dunston ha parlato in un'intervista a Repubblica del suo orgoglio nel vestire la canotta dell’EA7 Emporio Armani

Bryant Dunston ha parlato in un’intervista a Repubblica del suo orgoglio nel vestire la canotta dell’EA7 Emporio Armani: “Sono veramente fortunato ad essere qui di giocare ancora in Eurolega in una squadra che può fare strada, di rivivere emozioni che sono abituali. E di poter dare una mano a cambiare la narrazione rispetto alle ultime due stagioni della squadra. Quando Messina mi ha parlato, non ho avuto dubbi. Ora sono contento, ho trovato una squadra di bravi ragazzi in campo e fuori, affamata, e che cerca di perseguire assieme gli obbiettivi che ci siamo posti. Vogliamo essere un gruppo duro, focalizzato sulla difesa, solido in attacco ma anche dinamico. Ognuno può portare le proprie caratteristiche individuali all’interno di un sistema che offre tantissime opzioni differenti”.

“Devi capire che giocatori hai di fronte: Josh Nebo è sorprendente, ora purtroppo è fermo, ma in campo un mostro. Devin Booker è reduce dalla migliore stagione della sua carriera e anche Zach LeDay viene da un anno al top in Eurolega. Ero consapevole che all’Olimpia mi sarei accomodato sul sedile posteriore. Alla mia età, è più importante essere un leader vocale che per i numeri che produci. Ma questo non vuol dire che in campo non faccia ancora il mio. Se capiterà di giocare molti minuti, benissimo, se saranno 2 o 3 va benissimo lo stesso. E se non entrerò neppure, darò tutto quello che ho per sostenere i compagni e la squadra”.

“La cosa più importante è mantenere la concentrazione, anche il campionato presenta molte partite, e passare attraverso qualsiasi cosa accada, senza esaltarsi o deprimersi, cercando di trovare sempre un motivo per migliorare. E quando vedi qualcuno che va giù, devi aiutarlo a riprendersi. Tutte le squadre hanno tanti giocatori, all’Olimpia ti permettono di essere sempre in forma anche se non giochi molto. La difficoltà è soprattutto mentale, essere pronti, essere professionisti significa capire che il basket non è qualcosa di personale, ma se per aiutare la squadra devi giocare solo tre minuti, devono essere i migliori tre minuti che hai”.

“Posso solo sperare di giocare sempre, ed essere pronto a dare ciò che mi viene chiesto. Alla mia età la prendo giorno per giorno, cerco di migliorare e di sentire le emozioni, la necessità di giocare a basket. Quando non proverò più queste cose, smetterò. Ma essere circondato da tanti giovani mi carica d’energia, fa sentire vivo”.

Giornalista dal 2008 e grande appassionato di tutti gli sport da sempre, segue con particolare interesse basket e volley che ha anche praticato a livello dilettantistico fino ai tempi dell’università. Ama viaggiare, sia per lavoro che con la mia famiglia, e non sa resistere alle tentazioni in cucina.

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