Antonio Conte apre al suo ritorno

Le parole di Antonio Conte

Antonio Conte è tornato a parlare del suo futuro al Festival dello Sport. “Un giorno mi piacerebbe allenare una squadra che ha vinto da poco. Perché per esempio ho preso il Chelsea reduce da un settimo posto, la Juve dopo il settimo. Dopo il Tottenham mi sono ripromesso di dedicare tempo alla mia famiglia, è una scelta di vita. Ma quando tornerò, per tutti gli altri sarà molto dura”.

“Oggi l’allenatore incide in modo molto importante sotto ogni punto di vista. Incide, al 5/10/30 per cento, ma incide. Il calcio è in continua evoluzione, come tutti gli sport. Nel calcio che ho iniziato a giocare io, con Fascetti e Mazzone come allenatori, la loro funzione era quella di secondi padri, che usavano bastone e carota. Il primo anno alla Juventus trovai molte difficoltà, ma Trapattoni per me è stato un papà: si lasciava molto spazio al calciatore e si cercava di gestire lo spogliatoio. Il primo cambiamento si è avuto con Sacchi, e con Lippi: l’allenatore iniziava a curare più aspetti, a darti più informazioni. Odio sentire che noi allenatori dobbiamo fare meno danni possibili. Se il pensiero è quello, non dovresti intraprendere questo mestiere”.

Chiosa sull’allenatore perfetto. “Dev’essere come un sarto, fare il miglior vestito possibile con la stoffa che ha a disposizione. Dobbiamo mettere il calciatore nelle migliori condizioni di esprimere il talento, senza fossilizzarsi. Ho vinto a Bari due campionati col 4-2-4, quando arrivai alla Juventus volevo giocare con quel sistema di gioco e ho iniziato a farlo. Poi vedendo le caratteristiche di alcuni giocatori, tra cui Pirlo. Avevo anche Chiellini che non si sentiva del tutto di fare il terzino sinistro. E allora ho fatto 4-3-3, poi è nata la difesa a 3. Al Chelsea volevo riproporre anche lì il mio 4-2-4. Ma poi contro l’Arsenal perdevamo 3-0 a fine primo tempo. Poi cambiai modulo e vincemmo il campionato. I moduli sono tutti belli; ma un insegnante può avere tutte le conoscenze del mondo, però deve arrivare alla testa e al cuore degli alunni. Allo stesso modo gli allenatori coi calciatori”.

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