Pallacanestro Varese, Matt Brase svela un retroscena sul suo metodo di lavoro

Parla Matt Brase

Il coach della Pallacanestro Varese Matt Brase ha rilasciato un’intervista a La Prealpina in cui racconta la sua nuova avventura sulla panchina del club varesino.

L’allenatore dei biancorossi ha esordito così: “Avevo una buona situazione a Portland, ma quando ho parlato con Luis Scola e Mike Arcieri mi hanno prospettato la possibilità di tornare a praticare lo stesso basket di quando ero a Houston ed ai Rio Grande Valley Vipers. Più ci parlavo e più mi convincevo: ho lavorato come as­sistente NBA per diverse stagio­ni, l’opportunità di tornare capo allenatore e lavorare e giocare nella maniera che preferisco era ghiotta. Ho perso qualche notte di sonno, però ritengo che con­frontarsi con le sfide fuori dalla propria comfort zone e pensare fuori dagli schemi sia il modo per provare a crescere”.

“Ero stato due volte a Treviso per l’Eurocamp più altre visite in Lituania, Slovenia e Germania sempre per eventi legati al mio lavoro nel mondo del basket. Varese è un posto fanta­stico dove vivere e lavorare: la città è bella e godibile, mi trovo benissimo anche al di fuori del campo. Il tempo per girare non è tantis­simo perchè il lavoro del coach non si esau­risce solo con l’allenamento quotidiano: biso­gna pensare a preparare le sedute e vedere i video. Però c’è modo per girare e visitare una zona che offre tante attrazioni” ha proseguito Brase.

Infine ha svelato un retroscena sul suo metodo di lavoro: “I miei modi pacati nel­l’approccio con i giocatori ed in panchina? È quello che ho imparato da mio nonno Lute Olson: ‘Non si insegna col tono di voce’ di­ceva. E lo stesso approccio lo aveva Mike D’Antoni. Io provo a dare loro dei suggeri­menti, piccole correzioni: ‘Hai visto questa situazione? Pensa a questo’. Mettere pres­sione non aiuta, e allo stesso modo non aiu­ta dare troppe informazioni, che rischiano di fare pensare troppo e rallentare i giocatori sul campo”.

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