
Il giovane ciclista tedesco solleva un dibattito sulla sicurezza durante le corse: "Mi sentivo sempre meno a mio agio nelle gare".
Il mondo del ciclismo riflette sulle motivazioni che hanno portato Louis Kitzki, 21enne tedesco in forza al team di sviluppo della Alpecin-Deceuninck, a scegliere di smettere con le corse. In un lungo post sui propri canali social, il corridore nato il 20 gennaio 2004 ha infatti posto l’accento sulla pericolosità di alcune situazioni, anche alla luce della recente tragedia accaduta al Giro della Valle d’Aosta, con la morte di Samuele Privitera a soli 19 anni a seguito di un incidente in gara.
“Probabilmente non è come immaginavo di chiudere la mia carriera – ha esordito Kitzki -. Dopo la mia partecpiazione all’ultima gara, il Giro della Valle d’Aosta, in cui è tragicamente scomparso Samuele Privitera, ho deciso di concludere la mia carriera come ciclista professionista. Già dopo il Giro dell’Austria dell’anno scorso, dove è morto un altro corridore (André Drege, ndr), avevo seri dubbi sul continuare a gareggiare ed ero sul punto di smettere. Tuttavia avevo deciso di proseguire, tenendomi tutto dentro”.
“Purtroppo, dopo quella corsa, non sono mai più tornato ad essere il corridore di prima – ha aggiunto -. Mi sentivo sempre più preoccupato per la mia sicurezza e sempre meno a mio agio nelle gare, il che ha portato a non esprimere in corsa ciò che avevo duramente costruito in allenamento. Le gare erano diventate un fastidioso effetto collaterale da accettare se si voleva guadagnare con il ciclismo”.
“Quello che è successo in Valle d’Aosta è stato, in definitiva, solo una conferma di quanto provavo e posso dire che da quando non corro sto molto meglio. Mi dispiace non essere riuscito a soddisfare le aspettative come ciclista professionista e che la mia collaborazione con Alpecin stia ora giungendo al termine. Tuttavia, sono certo che smettere sia stata la decisione giusta”.