Matteo Berrettini ko: il luminare spiega il perché

L’opinione dell’esperto

Grandi campioni del tennis, come Matteo Berrettini, hanno avuto problemi ai muscoli obliqui. Questo si spiega perché il gioco del tennis si è evoluto: il cambio di direzione della pallina è diventato sempre più importante e, per infliggere il movimento rotazionale con una maggiore potenza, sono necessari i muscoli obliqui dell’addome che quindi sono sempre più soggetti a infortunio. Lo spiega il dott. Arturo Guarino, Direttore della Traumatologia Sportiva dell’ASST Gaetano Pini-CTO di Milano ed ex medico sociale dell’Inter

Un dolore immediato, acuto, trafittivo e invalidante: è quanto percepisce chi subisce una lesione del muscolo obliquo dell’addome. “A seconda dell’entità del danno, è possibile che compaiano anche degli spasmi muscolari, a seguito della lesione – dice il medico -. Per cui il paziente si accorge immediatamente che qualcosa di grave è accaduto”. Continuare a giocare, anche se il dolore è sopportabile o è sotto controllo con una terapia farmacologica, è fortemente sconsigliato: “Solo il riposo può guarire”, sottolinea l’esperto. 

La muscolatura dell’addome è fondamentale nel corpo umano perché favorisce i movimenti del tronco, contribuisce al mantenimento della posizione eretta, stabilizza e sostiene la colonna vertebrale, coadiuva il movimento, oltre a costituire la muscolatura accessoria per la respirazione ed è importante per il meccanismo del sollevamento carichi. I muscoli dell’addome sono: il trasverso; il retto; il piramidale; obliqui interni ed esterni. “Di solito gli infortuni ai muscoli obliqui sono caratteristici dei calciatori; invece la letteratura scientifica evidenzia maggiormente lesioni del retto addominale tra i tennisti. Eppure i grandi campioni hanno problemi agli obliqui. Questo si spiega perché l’evoluzione del gesto è sempre più alla ricerca di una precoce anticipazione dell’impatto della racchetta sulla pallina, imponendo una rotazione massima del tronco, a bacino pressoché fermo e tale esasperazione è resa possibile solo grazie al reclutamento oltre misura degli obliqui, che possono andare incontro a banale dolenzia da overuse fino a vere e proprie lacerazioni”.

Per la diagnosi ci si avvale in prima istanza dell’ecografia, ma il gold standard per valutare il danno, specifica l’esperto, è la risonanza magnetica. “A seconda della gravità dell’infortunio, è presumibile un periodo di riposo assoluto dalle 2 alle 5 settimane. La cicatrizzazione della lesione infatti ha dei tempi biologici che prescindono dall’essere più o meno uno sportivo”, dice il dott. Guarino. Ma per gli atleti, molto più che per chi non pratica sport, è fondamentale la riabilitazione: “La ripresa della motricità varia in base alla sintomatologia del paziente. Consiglio di iniziare il percorso di riabilitazione in acqua, così come avviene all’ASST Gaetano Pini-CTO che è dotata di vasche riabilitative sia al Presidio CTO sia al Polo riabilitativo Fanny Finzi Ottolenghi. Questo perché in acqua si perde il carico gravitario ed è possibile eseguire movimenti più dolci. Il percorso si intensifica sulla base della risposta algica del paziente ed è possibile aggiungere delle terapie a scopo antalgico, come la tecarterapia, fino ad arrivare a una ripresa funzionale, mediamente non prima di due mesi dall’infortunio”.

Il riposo del paziente, specifica il dott. Guarino, è importante, soprattutto perché, quant’anche siano rispettate le indicazioni del medico, la muscolatura addominale viene comunque sollecitata: “Un esempio sono gli starnuti che a volte provocano dei movimenti bruschi oppure se il paziente soffre di stipsi è necessario affiancare un’alimentazione ricca di fibre e liquidi che aiutino il paziente a utilizzare il meno possibile la parte addominale”. L’intervento chirurgico, invece, in caso di lesione dei muscoli addominali è molto raro: si opera solo se la lacerazione è in corrispondenza dell’area inserzionale per cui si procede con la resezione.

Per monitorare l’evoluzione riparativa della lesione è importante tenere sotto controllo i sintomi  e il follow-up. “È fondamentale sottolineare che nelle lesioni, le ‘nuove’ fibre che si formano non sono naturali ma fibro-cicatrizzali, questo significa che hanno un coefficiente di elasticità minore. Per gli atleti, specialmente per chi gioca ad alti livelli, sono fondamentali gli esercizi di riscaldamento, allungamento e stretching. Al giocatore amatoriale che ha sofferto lo stesso danno consiglio di riprendere a giocare solo quando la sintomatologia, anche minimamente fastidiosa, si sia completamente annullata e non prima di un percorso riabilitativo dolce e gradualmente intensificato”.

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