Tokyo 2020, Ricci: “Il rinvio di un anno ha causato dei problemi”

Intervista con il mental coach Marco Valerio Ricci

I casi di Biles e Osaka fanno discutere. Sportal.it ha sentito, in esclusiva, Marco Valerio Ricci: mental coach e massimo esperto italiano in Motivazione Intrinseca, specialista nell’applicare la PNL Ipnotica al Coaching, trainer internazionale in Ipnosi Clinica. E’ stato il primo mental coach italiano a far parte dello staff ufficiale di una Nazionale, la Nazionale Italiana di Rugby.

Cosa sta accadendo in queste Olimpiadi? Rinvio e problematiche dovute alla pandemia. Come influisce tutto ciò sugli atleti?
“Stiamo vedendo come l’aspetto mentale sia davvero preponderante e determinante, con i casi di Biles e Osaka su tutti. Il rinvio di un anno ha sicuramente creato problemi di preparazione e uno scompiglio anche a livello mentale: alcuni atleti hanno visto positivamente il rinvio pensando di avere un anno in più per prepararsi, per altri, soprattutto quegli atleti a fine carriera, è stata una situazione davvero difficile da gestire. E’ sempre un discorso di convinzione e motivazione, l’arte di un ottimo mental coach è quella di aiutare la persona a ottenere il massimo dal momento presente”.

Cosa significa e quanto è importante un mental coach nei diversi sport?
“Oggi più che mai gli sportivi sono sottoposti a stress e pressioni sempre maggiori, lo stiamo vedendo durante le Olimpiadi di Tokyo. Ci sono sport individuali, come il tennis e il golf, dove l’aspetto mentale è considerato quasi più importante rispetto a quello fisico, ma anche negli sport di squadra sta prendendo sempre più piede l’inserimento del mental coach all’interno degli staff tecnici. Specialmente nei settori giovanili, è fondamentale che il mental coach aiuti gli atleti a crescere come persone prima che come sportivi, rendendo lo sport una palestra di vita”.

Lei è anche esperto di Esports…
“Gli Esports sono un ambito particolare: molto dipende dalle emozioni e dalla gestione della pressione emotiva. Il fatto di non essere quasi mai in presenza, e quindi di non conoscere di persona l’avversario, è destabilizzante. Bisogna dare competenze ai giocatori, quello del player è un lavoro che richiede molta più presenza mentale rispetto agli sport reali ma l’approccio del mental coach è in linea di massima lo stesso: la grande differenza su cui lavorare consiste nell’ambiente in cui si tengono le gare, perché molto spesso le competizioni di videogiochi non avvengono negli stadi con tifosi (soprattutto adesso) ma in streaming e questo fa una grande differenza a livello mentale”.

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