Ivan Gotti: “Ripenso a Pantani con grande tristezza”

Ivan Gotti, fresco cinquantenne, in un’intervista alla Gazzetta dello Sport ha ripercorso la sua carriera, impreziosita da due vittorie al Giro d’Italia. “Io non avevo un gran fisico e non mi sono mai considerato un campione. Brillavo tra i dilettanti, ma nel professionismo ho fatto tanta fatica e mi sono preso tante finestre in faccia. Tutto quello che ho vinto me lo sono conquistato con la feroce determinazione di cui i bergamaschi sono capaci. Con la testa più che con le gambe”.

“Il ricordo più bello è la prima maglia rosa, sicuramente. Ma anche il successo nella tappa dell’Aprica e del Mortirolo al Giro del 1996. Quel giorno sul Mortirolo sono andato davvero forte, ho ancora il record di scalata…”. Il campione più talentuoso: “Di quelli che ho avuto come compagni di squadra dico Bugno, che poteva davvero vincere tutto, aveva doti per conquistare tutte le gare del calendario, in volata, in salita o a cronometro. Ecco, Gianni ha vinto molto meno di quanto avrebbe potuto. Gli mancava sicurezza nelle sue qualità immense”.

Il ricordo di Marco Pantani: “Mi capita di pensare a Marco. Con tristezza. Mi spiace davvero che lui, come altri, purtroppo non abbia avuto la possibilità di svoltare e avere una seconda chance dopo il ciclismo. Quello che voglio dire a tutti quelli che faticano a lasciare lo sport d’alto livello e non riescono a togliersi il numero, è che c’è una vita oltre il ciclismo e vale la pena di provarci. Il Giro del ’99? Si è già detto tutto. Anche troppo. Io so benissimo che quello era il Giro di Pantani… Lo aveva già stravinto e io lottavo solo per il secondo posto. Quel giorno da Campiglio io sarei partito soltanto per recuperare tempo su Savoldelli e scavalcarlo per il piazzamento d’onore. Ho sempre avuto il massimo rispetto per l’atleta Pantani e mi piace ricordare le nostre battaglie da dilettanti. Nel portafoglio ho una foto della Sondrio-Livigno nella quale io sono davanti e alla mia ruota c’è un giovanissimo Pantani. Sono orgoglioso di quella foto. Una delle poche in cui sono davanti io. In quasi tutte le altre di montagna guida Marco…”.

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