Pablo Trincia presenta la sua docuserie su Denis Bergamini: “Lavoro complicato ma necessario”

L'autore della docuserie, che andrà in onda su Sky dal 27 giugno, ha parlato in esclusiva ai microfoni di Sportal.it

A margine della presentazione della docuserie “Il cono d’ombra: la storia di Denis Bergamini – la serie”, presso il Teatro Filodrammatici di Milano, Sportal.it ha intervistato uno dei due autori della docuserie: Pablo Trincia. L’altra autrice è Debora Campanella, mentre alla regia vi è Paolo Negro. Del team hanno fatto parte Bruno Palermo e Silvia Vallini che da 15 anni lavorano a questo caso per Sky Sport, seguendo anche il processo a carico di Isabella Internò iniziato nel 2021 e durato 3 anni.

Quante è stato difficile un lavoro del genere?
“Entrare in casi come quello di Denis Bergamini è molto difficile perché si tratta ovviamente di entrare in un mondo completamente nuovo, in una vicenda completamente nuova di cui non sapevo nulla o quasi. Leggere tantissime carte, ascoltare ore di audio, guardare ore di video, intervistare persone, fare mille domande è sempre molto complesso, però voglio dire necessario. Raccontare una storia significa studiare, cercare anche di capire cose che non sai, in questo caso di medicina legale o di dinamica, di incidenti… è faticoso ma è necessario ed è utile”.

Quanto è stato complicato trovare gente disposta a parlare?
“Questa è una di quelle storie in cui tendenzialmente chi ha parlato ha parlato ed è difficile che venga fuori qualcuno altro, poi spero davvero di stupirmi del contrario. È un caso in cui ha dominato tantissimo la paura dei protagonisti di raccontare. Quindi molti testimoni sono venuti fuori a distanza di anni con molta reticenza, hanno fatto fatica. È una storia che ha fatto paura e quindi non c’è proprio quella voglia di esporsi. Io sono sicuro che ci sia qualcun altro che è passato da lì che ha visto qualcos’altro da quella piazzola, però dubito che a questo punto verrà mai fuori”.

La sorella di Denis ha avuto un ruolo fondamentale con le sue testimonianze: cosa più ti ha colpito di lei?
“Quello che mi ha colpito di più di Donata Bergamini è la sua freddezza. È una persona che riesce a mantenere un distacco emotivo pazzesco rispetto al dramma che ha vissuto e che ha sentito sulla sua pelle. Ho capito che lo fa perché ha un obiettivo, che è quello di ristabilire una verità giudiziaria per suo fratello, il cui nome è stato infangato in tutti i modi e quindi non guarda in faccia nessuno e quindi non si lascia sballottare a destra e sinistra dalle emozioni, ma è una che proprio tira dritto. E questa cosa non l’avevo mai vista in nessuno, però è una donna che effettivamente ha sofferto per 35 anni, quindi si è ovviamente molto indurita. È stata tanto collaborativa e senza di lei non saremmo riusciti a realizzare questo lavoro”.

Quanto hanno aiutato le testimonianze dei compagni di squadra di Denis?
“I compagni di squadra di Denis, in particolare Michele Padovano, ma anche Gigi Simoni, sono stati preziosi perché ci hanno raccontato proprio quei primi anni giù a Cosenza, alcuni dettagli, alcuni particolari del loro compagno di squadra, ma anche il racconto del giorno stesso in cui lui è scomparso, quello che hanno fatto poco prima, il suo atteggiamento in camera, il suo cambio di umore repentino quando è uscito. Tutte queste cose ci hanno veramente aiutato molto perché arricchiscono il racconto di punti di vista diversi e sono stati davvero molto preziosi, si vede che c’è questo forte attaccamento anche a distanza di così tanto tempo, sia con Denis Bergamini che proprio con la squadra, l’idea di quel Cosenza Calcio che aveva fatto sognare una città”.

TG SPORT

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