Tokyo 2020, Marcell Jacobs e il segreto della sua ascesa

“Ho capito che per lui sarebbe stato importante risolvere il rapporto con il padre”, ha dichiarato la mental coach del campione olimpico.

Si corre con le gambe, è vero, ma si corre anche, e forse soprattutto, con la testa. Nicoletta Romanazzi, la mental coach di Marcell Jacobs, è stata intervistata dal quotidiano La Stampa in merito alla collaborazione, oramai iniziata un anno fa, tra lei e il velocista  cresciuto a Desenzano sul Garda.

“Ci siamo visti nello scorso agosto dopo che me ne aveva parlato il suo procuratore. Ci siamo incontrati con l’allenatore e poi a settembre abbiamo iniziato a lavorare insieme. Ed è stato un lavoro straordinario. Marcell ha spesso parlato del nostro percorso, non ha avuto pudore nel farlo, forse perché fin da subito ne ha sentito i benefici”.

Ma su cosa si sia basato il lavorìo fatto dalla mental coach è lei stessa a dichiararlo candidamente: “Posso dire che fin da subito ho capito che per lui sarebbe stato importante risolvere il rapporto con il padre, essendo lui stesso padre di tre bambini. Questo lo ha sbloccato, adesso entra in pista più consapevole di quello che può fare con le sue gambe. Ha acquisito sicurezza in se stesso, prima arrivava alle gare con molta più ansia. Ci vediamo sempre, quando possibile, a Roma, altrimenti al telefono come in questo periodo a Tokyo. Non è obbligatoria la videochiamata, ci basta anche solo sentirci”.

“La respirazione è fondamentale, è difficile che io non la faccia con i miei atleti, soprattutto prima di una gara. Arrivare con la testa giusta, senza che io entri in sfere tecniche che non mi competono, fa tutta la differenza del mondo e per questo ci sono atleti come Marcell che sentono l’entusiasmo di raccontarlo. Lui aveva nel suo potenziale certe prestazioni, doveva solo sbloccarsi. Aveva tutto nelle sue gambe e nel suo cervello, doveva solo sbloccarsi e fare un lavoro su se stesso”, ha concluso Romanazzi.

 

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