Tokyo 2020, Filippo Tortu spiega il suo gesto

“Il tuffo sulla fotocellula? Mi prendono in giro, ma stavolta è stato decisivo”.

L’eroe azzurro della staffetta 4×100, quel Filippo Tortu capace di rosicchiare centesimi su centesimi al britannico Mitchell-Blake fino a bruciarlo sulla linea del traguardo, si è concesso con una lunga intervista esclusiva ai microfoni de La Gazzetta dello Sport.

“L’ultima frazione è la più elettrizzante, ma anche la più carica di tensioni. Aspetti e speri che i compagni non facciano danni. Fino ai 50 metri sono rimasto lucido, da lì ho ‘mangiato’ la pista. Ma cercando di restare rilassato. Il tuffo sulla fotocellula? Mi prendono in giro, perché lo faccio anche se non serve. In qualche occasione, nella foga, sono pure caduto. Come ai Giochi giovanili di Nanchino 2014, fratturandomi entrambe le braccia. Ma stavolta è stato decisivo. Il centesimo della vittoria è scaturito anche da lì. Credo che in quel centesimo ci sia l’essenza dello sport: per tanto così si può vincere o perdere. Conta provarci sempre”, ha esordito Tortu.

Sulla gestione dei cambi e sul dopo-gara, il velocista nativo di Milano ma di padre sardo ha poi aggiunto: “Dietro la squadra c’è un lavoro maniacale del miglior tecnico della velocità azzurra, il professor Filippo Di Mulo, aiutato da Giorgio Frinolli. Ci credeva da anni, almeno nella medaglia. Per la finale ce li ha fatti allungare, per farli scorrere, per andare a vincere. La dedica è per lui. È stato bellissimo vedere la nostra bandiera salire più su delle altre. E, seppur stonati, cantare in quattro l’inno di Mameli a squarciagola. Gli inglesi? Abbiamo un bel rapporto. Si sono complimentati e i complimenti dei migliori fanno piacere”, ha chiosato l’azzurro.

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