Ohio, la terra promessa di LeBron

LeBron James il messia dell’Ohio ha mantenuto la sua promessa. Non poteva esserci finale più suggestivo per i discendenti dei primi coloni europei che dai nativi (gli irochesi) presero il nome del loro fiume per darlo a questo stato-frontiera tra l’East, il West e il North (Canada), conteso per le bellezze e le ricchezze tra inglesi e francesi. Terra promessa anche per la più grande comunità di Amish sul suolo americano, patria di ben 7 presidenti e perciò molto ambìto per l’elezione del presidente.

Un territorio ricco di industrie (acciaio, merci) e ben rappresentato da questa città, Cleveland, capitale mondiale dei pneumatici, sede della Rock&Roll Hall of Fame (Chuck Berry, Jerry Lee Lewis, ecc), di decine di biblioteche che hanno portato la città di John Davis Rockfeller (Standard Oil, ndr) ad un eccellente qualità di vita comunitaria ma che a livello sportivo non aveva più raggiunto vette apicali da 52 anni.

I Browns nel football dominarono negli anni cinquanta e sessanta ma poi più nulla, gli Indians nel baseball vinsero le ultime World Series nel 1948 salvo tornare alla ribalta dell’entertainment con il film “Major League – La squadra più scassata della Lega”.

Nel basket, con i Cavaliers senza macchia e senza paura, due finali con il primo e secondo LeBron fino al leggendario come-back, perchè da 1-3 nessuno aveva mai vinto il titolo NBA.

The Choosen-One, il soprannome del ragazzino prodigio di Akron, non poteva che scegliere di essere non solo “il prescelto” ma anche e soprattutto “il predicatore”. Colui che va verso terre sconosciute in cerca di nuovi adepti per la sua religione, portando nella mano destra in questo caso invece della Bibbia un pallone di cuoio arancione di 78 cm, lottando contro il fato ed il destino in una terra a maggioranza bianca (80%), perdendo fra le polemiche le Finals nel 2007, scappando verso altre terre (Miami Heat) pe guarire la ferita e trovar gloria tornando come figlio prodigo due anni fa con una solenne promessa: vincere qui.

L’anno passato furono i Warriors di Curry e Iguodala a sbarragli la strada, anche se con una squadra decimata guidarono 2-1, quest’anno incontrano  i nord-californiani forti del record ogni tempo di vittorie nella regular season della NBA (73-9) ma King James ha deciso fosse il momento giusto per se stesso, per le critiche a cui è stato sottoposto in questi anni, per una città intera… Era la finale giusta per battere dei record: resuscitare da 0-2 e da 1-3, titolo di MVP delle Finals e addirittura con una tripla doppia nella settima partita (prima di lui c’erano riusciti solo i losangelini Jerry West nel 1969 e James Worthy nel 1988).

Lebron, l’8° presidente… ne potrebbe uscire un film, perché in questo gli americani sono imbattibili e la storia dei Cavaliers e del ritorno prepotente e poderoso di Lebron James verso una vittoria insperata quanto desiderata sono già un’eccellente sceneggiatura tanto che il conterraneo Steven Spielberg (nativo di Cincinnati) potrebbe farci un geniale pensierino.

Matteo Cardinali

Articoli correlati