
"Il mio mantra è non arrendersi mai, anche quando le cose si mettono male" sottolinea.
Un campione nella vita e nello sport
A Monte Carlo, in occasione di Top Marques Monaco, c’era anche Andrea Pusateri, che di recente è diventato ambassador di zondacrypto, la piattaforma di scambio di cryptovalute main sponsor dell’evento che andrà in scena nel Principato fino a domenica. Sportal.it ha intervistato il 31enne ciclista paralimpico, che è pronto per nuove sfide e che è stato anche autore dell’interessante libro intitolato ‘I limiti non esistono’ (Piemme).
Andrea, questi limiti esistono o no?
Il mio obiettivo è cercare di superarli, magari anche distruggerli.
E tu ci sei riuscito? Si può dire che è il tuo mantra?
Sì, assolutamente. Il mio mantra è non arrendersi mai, anche quando le cose si mettono male. Sono convinto che nella vita ci siano più momenti difficili che positivi, ma proprio da quelli negativi dobbiamo imparare a tirare fuori la forza per andare avanti.
Come hai iniziato con il ciclismo?
È nato tutto un po’ per caso. Seguivo un mio amico che correva in bici per la Ciclistica Monzese, e ogni weekend andavo a vedere le gare. Parliamo dei primi anni 2000. E da quei weekend passati a guardare le gare mi è venuta voglia di provarci anch’io. Così ho iniziato il mio percorso nel paraciclismo, che mi ha portato fino a dove sono oggi.
Mi dicevi di una salita tosta che hai affrontato di recente…
Ne ho fatte tante nella mia vita sportiva, ma quella della scorsa settimana è stata la più dura in assoluto: il Muro di Sormano. Non l’avevo mai affrontato prima, ma ho deciso di provarci come sfida personale. Sono arrivato in cima con 200 battiti al minuto. È stata davvero durissima ma la soddisfazione è stata immensa.
Ora c’è un nuovo traguardo da tagliare e con un significato importante…
Sì, c’è il Giro d’Italia e, considerando quello che di recente è successo alla famiglia Rovagnati (la tragica scomparsa, a febbraio, dell’amministratore delegato Lorenzo, ndr), sento un grande senso di responsabilità: è stata una notizia che mi ha toccato e rattristato enormemente. I Rovagnati mi hanno dato fiducia e hanno apprezzato il messaggio che, anche con le difficoltà, si può andare avanti e realizzare grandi cose.
C’è un altro dettaglio, e non di poco conto, di cui puoi andare fiero…
Sono orgoglioso di essere il primo capitano paralimpico presente in tutte le tappe. È un messaggio forte di inclusione al 101% e sono contento che parta proprio dall’Italia.
E zondacrypto? Ti ha affiancato fin dall’inizio…
Sì, con zondacrypto è nato tutto alle Strade Bianche. Dopo quella gara hanno creduto in me, nei miei valori e nelle sfide che voglio affrontare. A giugno inizierà un progetto nuovo, si chiama Beyond Limits: farò il giro dell’Irlanda in 15 giorni. Sono 2.700 km in bici, 180-200 km al giorno. Ringrazierò sempre anche gli amici di zondacrypto perché mi hanno dato una grande opportunità per raccontare la mia storia, far conoscere chi sono davvero. E non smetterò mai di essergli grato.
E parlando di ciclismo “tradizionale”? Cosa succede in Italia? Dopo Nibali sembra ci sia un vuoto…
Il ciclismo è uno sport tosto, molto selettivo. Ora ci sono fuoriclasse come Pogacar. In Italia abbiamo corridori, ma non a quel livello. Io parlo da velocista: ero bravo nelle volate, negli sprint finali. Non ero completo su tutti i terreni, ma nei miei finali ci sapevo fare. Corridori completi, oggi, sono davvero rari. E questo spiega un po’ il momento che stiamo vivendo. Ma anche lì sono convinto che si uscirà dalle difficoltà: sulle due ruote il talento non ci è mai mancato.