Ora il basket azzurro vince con le ragazze

Pochi giorni prima del preolimpici di Torino, l’Italia ha conquistato la prima medaglia d’argento mondiale nel settore femminile col professor Giovanni Lucchesi, romano, l’unico fornitore di medaglie alla “real casa” azzurra. E sempre non pronosticate, più che sorprese, grandi sorprese, il che riconduce alle capacità uniche di questo professore romano che non cerca visibilità sui giornali ma si è creato con umiltà benedettina, da educatore, una sua “isola felice” in un movimento che non è riuscito a qualificarsi per l’Olimpiadi come i maschi ma negli ultimi anni ha risultati di molto migliori, nonostante numeri ridottissimi, schiacciato dal volley femminile, sport preferito dalle ragazze italiane. 

Matteo Cardinali ha intervistato per Sportal.it il professor Lucchesi, che ricopre anche il ruolo di assistente della nazionale maggiore in pieno rilancio e si riconferma con contratti brevi grazie alle medaglie (a proposito, il contratto è in scadenza, Petrucci gli ha fatto i complimenti, ma non si è parlato di rinnovo…) alla vigilia dell’europeo U17 di Udine (6/14 agosto) unico evento continentale della stagione sul suolo italiano.

– Complimenti per il risultato dei mondiali u17 delle azzurre, l’unico risultato internazionale del basket azzurro nel 2016… E adesso, professor Lucchesi? 
“Sono a Pesaro con la U16f, raduno pre-europeo, in vista dei campionati europei a Udine dal 6 al 14 agosto. Caldo devastante perché il palazzetto non ha il condizionamento, circolazione d’aria forzosa con le porte aperte….”.

– Come è riuscito nell’impresa dell’argento mondiale femminile, il primo e in terra di Spagna?
“Per ottenere questi risultati bisogna avere un bel mix tra staff, atlete in salute, fortuna: tiri fortunati, tabellone del girone favorevole, grinta e tenacia. Le vittorie come queste dovrebbero essere endorfine e non morfine, stimolare tutto l’ambiente”.

– Da dove parte la selezione delle atlete giovanili?
“La provenienza delle atlete dipende dalla programmazione regionale. Non bisogna accontentarsi, per non arrivare a casi isolati. Ci deve essere continuità di programmazione; se esce una atleta dalle selezioni regionali poi bisogna continuare il lavoro nel tempo, anche per dare un punto di riferimento costante alle società del territorio. Ci sarebbe bisogno di scavare a fondo per capire dove si può puntellare tutto il settore, con i piedi ben piantati. Bisogna lavorare di più sui centri tecnici, dare continuità, condivisione dei programmi. Il programma dovrebbe essere implementato da obiettivi ben definiti. Noi dobbiamo lavorare per obiettivi e non per progetti. L’obiettivo è la parte fondamentale della progettazione. Ci riempiamo troppo la bocca di progetti quando è l’obiettivo è la parte principale del progetto”.

– Perché il basket femminile (vedi anche il caso Lavezzini Parma) non sfonda?
“Il problema principale della pallacanestro femminile è che non ci sono abbastanza società che lavorano; abbiamo poche società e con poche atlete. C’è un problema di praticanti, di impianti vecchi e obsoleti e di abbandono giovanile. Abbiamo un gap enorme con la pallavolo, ci sono più squadre nella pallavolo anche nello stesso territorio. Parliamo di differenza tra N-Kilometri (basket) e N-metri (volley) e che si va acuendo sempre di più. Chi vuol fare basket è costretto a fare molti chilometri per poterla praticare mentre per la pallavolo si parla di metri, tante sono le società presenti sul territorio; questo rappresenta un deterrente alla crescita del movimento”.

– Ci parli di alcuni particolari su questi mondiali appena conclusi?
“La cinese Xu Han, 204 cm, era seguita da numerosi scout americani. Molta mobilità e coordinazione sulle gambe, si parlerà di lei in futuro perché è del 2000. Le australiane (Magbegor Simmons, Conti, ecc) hanno una forza fisica che noi non abbiamo… Il loro atletismo ci ha schiacciato e hanno vinto meritatamente; loro stanno insieme 9 mesi all’anno (Canberra), hanno programmi ministeriali all’avanguardia, investimenti a medio e lungo termine. All’interno dei condomini di Saragozza, oltre a tutti gli impianti all’avanguardia dove abbiamo giocato, ho visto campi di minibasket…. Incredibile…”.

– Dove sarà il suo futuro?
“Il contratto con la FIP ce l’ho fino al 31 agosto, poi non so anche se sto bene con la Federazione e con Capobianco stiamo svolgendo un bellissimo lavoro. Non ho chiesto o preteso niente, aspetto notizie”.

– E se dovesse arrivare qualche chiamata di serie A ?
“Per ora non mi interessa. Voglio lavorare con le giovani. Ho sempre detto a tutte ragazze con le quali ho lavorato che senza di loro io sono niente, il mio ruolo di allenatore dipende dalle ragazze”.

-Come si potrebbe invertire questo trend negativo della pallacanestro? Nuovi Impianti? Nuove collaborazioni istituzionali?
“Per quanto riguarda la programmazione sull’impiantistica o sulla definizione di nuovi programmi scolastici, credo che spetti agli esperti del settore: i manager, i dirigenti. Ognuno deve avere il suo ruolo, io tengo al mio. Sono un allenatore e sono grato alla Federazione per quello che mi fa fare, ma il gap con gli altri paesi è evidente. Negli altri paesi lo sport nobilita la formazione del ragazzo, da noi no.

-Come la concludiamo questa intervista?
“GUARDARE, PENSARE e poi FARE”.

Matteo Cardinali.

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