Giorgio Papetti dal canestro al camice

Enrico Campana ha intervistato in esclusiva Giorgio Papetti, ora medico ma in passato cestista di buonissimo livello.

Classe 1951, ha esordito in serie A con il Simmenthal nel 1968 restando per tre stagioni agonistiche, poi è stato ceduto alla Pallacanestro Milano: vestendo le maglie Mobilquattro, Xerox e Isolabella è restato fino al 1980, tranne due stagioni che ha disputato in prestito a Roma e a Novara. Ha vestito la maglia della Nazionale Juniores, della Nazionale Under 23 e della Nazionale Militare che ha vinto il Campionato Mondiale.  Nel campionato italiano è giunto per tre volte secondo dietro la grande Ignis. Con il Simmenthal ha vinto una Coppa delle Coppe nel 1971. Si è laureato in Medicina e Chirurgia all’Universita degli studi di Milano.

Dottor Papetti, come sta vivendo da medico questo coronavirus?
In casa a Milano con mia moglie poiché da oltre un anno sono andato in pensione per anzianità e per motivi di salute.

Facciamo un passo indietro, lei ha indossato le maglie del Simmenthal e della Mobilquattro, perchè non ha optato per una carriera cestistica, e come ha fatto a conciliare basket e studi.
Mia mamma mi spronava a studiare perchè la carriera cestistica sarebbe stata breve. Agli allenamenti facoltativi mattutini di tiro ho sempre preferito lo studio. Sono riuscito a conciliarle con molta volontà, metodo, perseveranza, e rinunce sia sportive che di divertimento.

Perché ha deciso di diventare medico di famiglia o di base, piuttosto che uno specialista o uno chirurgo di fama magari lavorando all’estero?
Le assunzioni negli ospedali erano bloccate. Gli specializzandi allora non venivano remunerati ed io non potevo permettermi di restare cinque anni senza guadagnare nulla. Dopo due o tre anni di lavori precari ho vinto il concorso per la medicina di base che ho praticato per 38 anni. Negli ultimi dieci anni ho vinto il concorso di professore universitario a contratto e di tutor per la scuala di specialità di medicina generale e ho contribuito a formare molti futuri medici e specialisti.

Veniamo a questa brutta bestia, lei abita a Milano epicentro d’Italia del C19, la città della moda sta vivendo un incubo, cosa succede e lei che contributo cerca di offrire?
Sentendo i colleghi in servizio che lamentavano di non avere adeguati mezzi di protezione personale, ho ritenuto nella mia situazione di non offrirmi come medico volontario. Ho preferito dare il mio contributo con consulenze telefoniche ai miei pazienti, agli amici ed ai parenti. Ho così adeguato terapie antidiabetiche ed antipertensive e curato cistiti, diarree, attacchi gottosi, sciatalgie, coliche renali ecc. che hanno continuato a manifestarsi anche in questo periodo.

Una domanda che tutti si pongono, quando finirà e che segni lascerà?
Solitamente le pandemie durano due anni. Saremo inizialmente più consapevoli dell’importanza della sanità e ci prometteremo di migliorare il nostro sistema produttivo e sociale. Temo però che in breve tornerà a prevalere la legge del profitto.

Voi medici di famiglia, mi pare, eravate l’avamposto strategico per fermare il virus per il contatto diretto con centinaia se non migliaia di persone sul territorio, vi hanno ascoltato e chiesto aiuto gli scienziati che vanno in Tv tutti i giorni a fare il macabro conto dei contagi e dei decessi?
No, anzi esclusi ed abbandonati a se stessi. I medici di famiglia che tutti gli inverni combattono contro l’epidemia influenzale, adeguatamente protetti e supportati, avrebbero potuto diagnosticare la malattia solo clinicamente e se il caso necessitasse il ricovero in terapia intensiva. Inoltre avrebbero potuto eseguire i tamponi ai loro familiari conviventi asintomatici, per individuare ed isolare, in strutture apposite, gli asintomatici.

 
L’Italia stata presa in contropiede, poi l’emergenza è arrivata come una valanga e non c’era una preparazione adeguata, un’organizzazione temprata ed è stato il panico negli ospedali. Mi sbaglio?                        

Abbiamo avuto un mese per prepararci. Esisteva già un progetto per l’emergenza sanitaria scritto dopo l’ultima pandemia che però è restato lettera morta. Non aver fatto i tamponi al personale medico e paramedico degli ospedali e case di riposo ha contribuito al diffondersi dell’epidemia ugualmente non avere aver previsto percorsi differenti nei pronto soccorso per i sospetti covid e i malati di altre patologie.

La sanità, fiore all’occhiello dei politici, ha mostrato invece una faccia commovente, garibaldina, perché mai: tagli di bilancio, fuga dei medici all’estero, la vecchia baronia dei camici bianchi.                                

Si, abbiamo avuto carenze di posti letto, di personale medico e paramedico. Il numero chiuso all’università, alle scuole di specialità e infermieristiche andrebbe rimosso. Gli “eroi” di oggi sono stati bistrattati fino a ieri. Per dieci anni non hanno visto rinnovato il contratto di lavoro ed hanno uno stipendio molto inferiore alla media europea di categoria.

Da medico di lungo corso che ha visto tante epidemie cicliche, questa da dove è arrivata e perché ha colpito più le zone industrializzate, colpa delle polveri sottili o del contagio attraverso il cibo, magari la carne di pipistrello che piace tanto ai cinesi?                                                        

Come per altre pandemie, il responsabile è un virus degli animali che infetta l’uomo e si trasmette da uomo a uomo. Anche il coronavirus viene da oriente come precedentemente l’Asiatica e la Hong Kong.  L’inquinamento può favorire i processi infiammatori delle mucose respiratorie e renderle più permeabili ai virus, si sospetta che sia una concausa di molti decessi. Nelle zone più popolose i contagi interumani sono frequenti. Il caso ha giocato anche un ruolo importante.

Da medico, il virus sparirà da solo come altre influenze perniciose o senza un vaccino sarà una falce micidiale?                                       

Speriamo che arrivi un vaccino altrimenti la virulenza si attenuerà gradatamente quando la maggior parte della popolazione sarà immune. Una evenienza non esclude l’ altra.

Sono più esposti gli uomini o le donne, di certo perché gli anziani?                                                                                                   

I maschi, ma non si conosce ancora il motivo. Gli anziani hanno spesso patologie croniche quali: ipertensione, diabete, cardiopatia, insufficienza renale, bronchite cronica che li rendono più fragili.

I cinesi hanno in Milano la più grande comunità italiana, è vero che sono fuori dai radar, hanno ottenuto l’autoregolamentazione e non hanno vittime?

Non frequento la Chinatown milanese, mi dicono che è una comunità molto chiusa in sé stessa.
 

 Lei afferma che il medico prima di guarire deve curare, qual è la cura giusta che consiglia?

La cura deve iniziare dalla prevenzione, dalla profilassi, dall’igiene personale ed ambientale, dallo stile di vita, dalle vaccinazioni, dalla alimentazione, dagli screening, dai mezzi diagnostici ecc.. poi arriva la terapia. Alcune patologie si curano e guariscono altre invece cronicizzano, poi vi sono quelle che, in percentuale diversa tra loro, nonostante le terapie hanno un esito infausto.

Quando il governo deciderà di rompere l’isolamento, quali regole minime saranno imprescindibili, lo sport come può evitare il tracollo senza il pubblico?

Occorrerà evitare assembramenti, utilizzare mascherine e guanti nei luoghi affollati, lavarsi spesso le mani e mantenere la distanza interpersonale. L’attività fisica individuale all’aperto è sicuramente consigliabile. Per quella di squadra in locali chiusi e con il pubblico occorrerà molta pazienza. Lo sport agonistico è importante, ma non più importante della salute.

Veniamo al basket: la Lega debole non ha chiesto tempo, come in Spagna, Stati Uniti,, nell’Eurolega e Champion FIBA.  Petrucci invece ha annullato tutti i campionati, è stata una fuga in avanti o una giusta tutela?

Credo che in abbia ragione il presidente della FIP Petrucci.

Il calcio è un’industria, il basket è un cenacolo se non una sette, come potrà sopravvivere?

Sopravviveranno sicuramente, è successo anche dopo i conflitti mondiali, magari dovranno ridimensionarsi e forse non è così negativo.

A proposito, mi sembra che, a parte rari esempi, il basket non abbia brillato in solidarietà, in questa circostanza, voi del Museo del Basket e con la rete di amici avete lanciato dei video di grandi personaggi, Jabbar, Jura, D’Antoni, Kenney, state pensando a un’idea per aiutare il basket di fronte al pericolo di un baratro economico?
 

Si abbiamo pensato che i grandi personaggi del basket avessero un grande più ascendente nel far osservare le norme di sicurezza e che potessero infondere anche solidarietà e fiducia. Moltissimi campioni del passato ci hanno inviato i loro videomessaggi che abbiamo e stiamo pubblicando sui siti del museodelbasket di Milano. Insieme ad altri colleghi ho fondato una squadra dei medici patrocinata dal nostro Ordine di Milano, che disputa solo partite di beneficenza. Ora sono i colleghi sono tutti in trincea a combattere contro il virus e due di loro si sono purtoppo infettati. Quando si potrà vorremmo si organizzasse una partita del cuore, per ringraziare tutto il personale sanitario, tra le due squadre di basket di serie A milanesi, preceduta da una partita della squadra dell’ Ordine dei Medici di Milano.
 

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