Tre ko consecutivi, allarme ai Cavs di LeBron

L’avvisaglia che qualcosa non funzionava è arrivata con lo “sciopero” di JR Smith che per la vergogna si è presentato ai giornalisti nascondendo la faccia, eppure soltanto 10 giorni a i Cavs avevano stabilito un record stellare per la NBA: vincere due gare consecutive con almeno 20 triple. Da quel momento è arrivato invece  un trittico bruciante di sconfitte, 118-101 a Milwaukee, 113-94 in casa coi Clippers,  e poi a Chicago 111-105 coi Bulls, totale 42 punti, 14 di media che non è poco per una squadra titolata. I campioni guidano comunque ancora ad Est, hanno perso quote nelle scommesse e con 13 vittorie e 5 sconfitte e adesso devono guardarsi dentro, come LeBron James  aveva ammonito quando le vittorie sembravano scontate con un puntiglioso richiamo a un maggior impegno difensivo .

A Chicago 27 punti di King James con barba da eroe spartano in 45′  on 13/22 1/3 da 3, 5 rimbalzi tutti in difesa, 13 assist e 8 palle perse. Una prestazione che dimostra che non ci teneva a perdere contro l’amico Wade, mentre il suo coach dato fiducia senza essere ripagato da Smith che ha tirato solo da 3 con 3/8 e nient’altro.  Chicago intanto sale al 2° posto con un promettente 11/7 dopo aver vinto di nervi coi campioni e la partita della vita di Taj Gibson (23 punti 10/13 11 rimbalzi 5 assist), 26 di Jimmone Butler senza segnare da 3, 24 di Wade e una tripla da leccarsi i baffi (15 punti, 11 rimbalzi, 1 assist) che ha trovato la squadra giusta dopo aver lasciato Boston e le non brillanti tappe di Dallas e Sacramento.

Brutta sconfitta anche per Denver, la seconda consecutiva che riduce le prospettive di lottare anche questa stagione per i playoff con recupero di Wilson Chandler e la maturità di Gallinari che si era creato come obiettivo personale “vincere subito molto per giocare l’All Star Game”. Ceduto il passo a Miami, è andata ancor peggio contro Houston che la notte prima aveva vinto alla Oracle Arena dopo due tempi supplementari, è arrivata a Denver soltanto alle 5 del pomeriggio ma messo piede in campo ha dilagato dal primo minuto alla fine, come dicono i 129 punti subiti e i 18 di passivo. Houston al suo passaggio in Colorado ha anche stabilito il suo high stagionale all’intervallo con 73 unti 2 più della ara d’esordio a Los Angeles.  E’ mancato qualcosa in tutto ma non di tutto, ad esempio i rimbalzi (52-42) per i 23 offesivi merito gran parte degli 8 di Faried (che in compenso ne ha presi solo 2 in difesa) anche senza Nikola Jokic per una contusione al polso.

Il rientro di Will Barton (17 punti) schierato nel quintetto al posto di Nelson non è servito a dare energia alla difesa, la grande assente nella brutta notte del Pepsi Center, oltre al tiro da 3 che può essere una delle cause di un fatalismo tradotto in una progressiva arrendevolezza perchè questa squadra non è solita perdere tenendo il capo sott’acqua per 4 tempi. Il migliore è stato Wilson (24 punti 10/18 con 3 triple su 79, il Gallo senza infamia e senza lode (16 punti, 6/11 con 2 triple su 3, 2 liberi 5 rimbalzi per 35 minuti contro Mike D’Antoni, il so maestro, che l’ha lanciato nella NBA 7 anni fa ai tempi in cui allenava i Knicks aveva carta bianca, si divertiva, come non è più stato all’indomani del famoso blockbuster per prendere Carmelo Anthony che ha rovinato le sue notti e anche la crescita dell’amatissima franchigia newyorkese.  Per il tiro, si commentano da soli le cifre del congolese  Mudiay  he studia da play con poco profitto (3/12 1/6 da 3), l’1/7 con 0/4 da 3 del 19enne canadese  Jamal  Murray in fase d’assestamento dopo un paio di partite molto molto promettenti. Sul basso anche le percentuali di Faried (6/15) due tiri sbagliati di Hernengomez junior.

La sconfitta è un rospo difficile da ingoiare, sia per il coach delle pepite che per Gallinari. “Un conto è perdere, ma è  senza spiegazione – dice Mike Malone – quel che è successo in casa con Miami e Houston. Tutto quello che so, da parte mia, è che la cosa  è inaccettabile, ecco perchè chiedo scusa ai nostri tifosi. Si meritano di meglio, in questo momento devo migliorare le cose e cambiare direzione perchè quella che abbiamo preso è brutta brutta..”Il Gallo è quasi l’eco del coach: “Hanno giocato più duri di noi, volevano vincere più di noi. E per fortuna sono arrivati in ritardo a Denver. Dovevamo aggredirli fin dall’inizio, invece è successo l’opposto. Davvero una brutta sconfitta, e sul nostro campo”.

Mike D’Antoni è il coach del giorno, una stupidata non proporgli la nazionale italiana quando dopo la sfortunata esperienza di Los Angeles  sembrava fuori dal giro prima che rientrasse  qualche mese fa a Filadelfia grazie al suo mentore, il potente presidente della Federazione Usa Jerry Colangelo. Lui soffre con le squadre sbagliate, quelli coi i muscolari presuntuosi, perchè è un galantuomo che non viene dalla gavetta della NBA, ma con le squadre che gli somigliano che fanno girare la palla e difendono come le belle statuine, non c’è di meglio  il circolazione. E la scelta del presidente dei Rockets fra una decina di candidati fra cui Ettore Messina è stata felice. Lo dimostra il lancio di Clint Capela, il moro svizzero,  meglio del’ingombrante Howard (2 punti 1/4 6 rimbalzi ieri notte nella sconfitta di Atanta con Detroit), la leadership data a Harden in misura ragionevole, la valorizzazione di Trevor Ariza e il crescendo dalle ultime 5 are gare con 4 vittorie forti, con Sacramento (117 punti), Portland (130) e il  back-to-back Warriors (132)-Denver (128) con i ritardi nei voli per Denver e un mezzo un’unica sconfitta a Utah. “Aver vinto in queste circostanze è gratificante, il lato positivo è soprattutto l’ aver trovato un simile energia dall’inizio alla fine”, ha detto Mike fiero anche della riscoperta di Ryan Anderson e Eric Gordon basket-machines tornate improvvisamente  sotto i riflettori.

A cura di Enrico Campana

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