NBA, LeBron James scuote Cleveland

Si riapre la finale per il titolo sul campo dove l’anno scorso i Warriors avevano trionfato. Irriconoscibili i Warriors rispetto a quelli che avevano stregato i rivali con le prime due vittorie che rappresentano, secondo le statistiche, già una mezza sentenza, per quanto è vero che, in 28 occasioni su 31 sfide, chi ha iniziato con un 2/0 si è infilato l’anello al dito. Gran resurrezione dei Cavaliers con LeBron sostato da small forward a power forward per l’assenza di Kevin Love (in riabilitazione per la botta alla nuca di G2). Irresistibile Kyrie Irving, specie nel primo tempo, 5 triple di JR Smith che non ha fatto rimpiangere Love, e poi sul piatto della bilancia di questo successo forte il graffio della difesa, la maggior velocità e un ambiente passionale. I 20 mila di casa hanno esibito una fede incrollabile per la propria squadra spronata dalle famose parole di Muhammad Alì “Never again make me the UNDERDOG” leggibili sul cubo luminoso. Il forte proclama sociale (“Mai più sfavorito!”) è stato declinato per l’occasione in un messaggio sportivo, ma ha avuto un valore anche un tributo al campione delle Olimpiadi di Roma per il suo funerale che si terrà oggi nel natio Kentucky.

Gli sfavoriti hanno vinto di 30 punti. Nonostante le migliori intenzioni (“Sarà dura, ma andiamo in campo per vincere”, Steve Kerr) i Warriors non hanno mantenuto le promesse. Il primo quarto erano già in ginocchio (33/16), si sono rialzati nel secondo (18/27) ma altre due ondate dei Cavaliers li hanno spazzati via. Si riparte venerdì da 1/2, il punteggio dell’anno passato, quando Cleveland andò in vantaggio e poi perse tre gare di seguito e il sogno di conquistare il primo titolo e poter guarire da un malessere sportivo che assomiglia a un sortilegio e dura da oltre 50 anni.

Arrivato alla Quicken Loan Arena sicuro di sé, elegantissimo, con un doppiopetto chiaro e pochette bianca, LeBron ha preso in mano la situazione con tutto il suo carisma, come gli aveva suggerito Phil Jackson ricordando che ai tempi dei sui Bulls, nei giorni difficili, ci pensava Michael Jordan a trovare una soluzione. Nella gara forse più delicata della sua carriera, il 31enne King James ha sottratto la scena a Stephen Curry, è stato anche l’allenatore in campo, l’esecutore spietato. Ha chiuso con 32 punti, uno in meno del suo high stagionale nei playoff ridestando un orgoglio sopito. Forse nelle pieghe di questa partita c’è anche un fatto tecnico importante che potrà risultare utile nelle prossime gare: LeBron deve giocare più vicino a canestro e non small forward, e quindi al rientro di Kevin Love, giocatore da lui voluto, non è escluso uno scambio di ruoli.

L’altro protagonista della serata è stato un Kyrie Irving completamente trasformato rispetto alle prime due gare (4/27 al tiro), addirittura irriconoscibile nella seconda segnando la miseria di 10 punti. E’ stato lui a indirizzare fortemente la gara segnando nel primo quarto ben 16 punti, quanti il totale dei Warriors che invece hanno cercato inutilmente Klay Thompson contrariato da una contusione a una coscia che l’ha costretto a farsi trattare nello spogliatoio. Tornerà in campo in abiti borghesi.

Per i Warriors l’unica notizia buona, oltre al fatto che la sconfitta allunga la serie con altri 6 milioni di biglietteria alla Oracle Arena, è la conferma della reattività della sua panchina, 33 punti contro i 15 soli degli avversari e senza nessun canestro di Frye, una spesa di 36 milioni, anche lui voluto da LeBron… Ha salvato l’onore “Iggy” Iguodala (11 punti) ma non è bastato per placare l’ansia da prestazione “devastante” degli starter dei Cavs, 105 punti totali, con la sorpresa di Richard Jefferson di ritrovarsi a 35 anni la prima volta in 13 anni di NBA nel primo quintetto.

Draymond Green assente con la mano e con la testa, trasformatosi nell’ombra di se stesso come attaccante per aver incautamente dichiarato sull’onda della troppa euforia al termine di gara2 che i Warriors sono migliori dei Lakers dello show time. Ogni tanto il motore di “Dry” picchia in testa, Magic Johnson gli ha risposto per le rime via Twitter, lui è passato dai 26 punti di gara 2 a 6, senza segnare da 3 (0/4) e i 7 rimbalzi e 7 assist non gli danno certo l’assoluzione. Il migliore nel low profile è stato Harrison Barnes.

Curry è entrato nel palazzo con l’aria stressata, gli occhi lucidi e le cuffie all’orecchie come se avesse bisogno di isolarsi: l’annuncio alla vigilia del no alle Olimpiadi, quanto meno intempestivo, certamente gli è costato una perdita in simpatia e qualche tormento in più. Forse la decisione non è tutta farina del suo sacco. Le sue cifre non sono state brillanti come altre volte ma nemmeno scandalose, è apparso come svuotato, senza le solte bollicine e guizzi.

Cleveland forte di un quintetto capace di 105 punti (su 120) e dove l’armadio canadese Tristan Thompson – altro pupillo di LeBron – si è creato una nicchia di rilievo (14 punti, 13 rimbalzi) ha tirato col 52,7 e il 48 da 3 (5/10 Smith), contro il 42,1 (16 canestri in meno dei rivali) e il 27,3 (9 triple su 33). Il crack dei campioni nel settore dove sono meno attrezzati, i rimbalzi, con 20 in meno: 32-52, e se fosse un pericoloso campanello d’allarme? Altro indicatore le 18 palle perse. Lo scenario cambia completamente.

L’andamento della serie è fatto di picchi contrapposti, e si viaggia con uno scart-medio di 26 punti che non ritrova riscontro nel passato. In ben 19 gare di questo playoff, fenomeno più unico che raro, la differenza è stata di oltre 25 punti: la spiegazione è forse nella troppa lunghezza della stagione, per cui scatta in meccanismo di autodifesa nei giocatori e anche nelle squadre più attrezzate?

Dopo-gara. LeBron James: “Finalmente abbiano fatto la gara che volevamo, gioco fluido e ottima prestazione collettiva”. Irving: “Volevo fare qualcosa di grande, è stato fantastico”. Steve Kerr vede nella sconfitta una pericolosa leggerezza: “Siamo stati troppo soft, quando succede arriva la sconfitta e la palla torna in gioco”. Curry non si assolve né cerca scuse “Devo giocare 100 volte meglio, fisicamente sto bene, ma per niente contento per come è andata questa gara”.

PLAYOFF, FINALE G3

CLEVELAND-Golden State 120-90 (1/2; 33-16, 18-27; 38-26, 31-21; 32 L.James 14/26 1/2 a3 tl3/5 11r 6a 5pe, 30 K.Irving 12/25 3/7 da3 tl3/3 4r 8a, 20 JR Smith 7/13 5/10 da3, 14 T.Thompson 5/6 tl4/5 13r, 9 R.Jefferson 4/7 1/3 da3 8r; 19 St.Curry 6/13 3/9 da3 tl4/4 1r 3a 6pe, 18 H.Barnes 7/11 2/5 da3 8r, 11 A.Iguodala 5/7 2r, 10 K.Thompson 4/13 1/7 da3 tl1/3 2r 1a)

CALENDARIO – G4 venerdì 10 giugno, CLEV; G5 lunedì 13 giugno OAK; ev G6 giovedì 16 giugno CLE; ev G7 domenica 19 giugno OAK.

LA SITUAZIONE – Semifinali.Est: CAVALIERS-Hawks 4/0 (104-93, 123-98, 121-108, 100-99), RAPTORS-Heat 4/3 (96-102 OT; 96-92 OT; 95-91; 94-87 OT; 99-91; 91-103; 116-89) . Ovest- Semifinali: WARRIORS-Portland 4/1 (118-106; 110-99; 108-120; 132-125 OT; 125-121); SPURS-Thunder 2/4 (124-92, 97-98; 100-96, 97-111; 91-95; 99-113). Finali: Est: CAVALIERS-Raptors 4/2 (115-84, 108-89; 84-99, 99-105; 116-78; 113-87). Ovest: WARRIORS- Thunder 4/3 (102-108; 118-91; 105-133, 94-118; 120-111,108-101; 96-88). Finale: WARRIORS-Cavaliers 2/1 (104-89, 110-77, 90-120)

SKY SPORT TV – G3 giovedì differita ore 14.30 1 HD, ore 18.15 e 22.45 2 HD; G4, diretta sabato 11 giugno ore 3 (Quicken Loan Arena): 2 HD, differita ore 10.30 Mix HD, ore 14 3 HD,ore 22.45 2 HD. Commenti dagli Stati Uniti di Flavio Tranquillo e Davide Pessina, studi pre e post partita di Alessandro Mamoli con servizi giornalieri su Sky Sport24 HD. Visione anche in mobilità su smartphone, tablet e pc grazie a Sky Go.News e aggiornamenti sul sito skysporthd.it e la community social Sky, Facebook, Twitter e Instagram.

A cura di ENRICO CAMPANA

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