Bryant e i Warriors per la storia

Ben 14 gare con 28 squadre su 30 in campo nell’ultima giornata della regular season che ha avuto un prologo stuzzicante: vincendo a Detroit Miami ha ipotecato il 3° posto all’Est firmando last-minute Dorell Wright, arrivato dalla Cina con 24,3 punti e 7,5 rimbalzi di media e la sua fama di bomber (nei Warriors ante-Curry segnò nel 2010-11 191 triple e fu il n.1 della stagione), mentre San Antonio scossa dal doppio uppercut dei Warriors ha tirato col 28,3 da3 senza Manu Ginobili  e recuperato Tim Duncan salvandosi  nell’overtime contro Oklahoma. 
 
Del tutto indifferente al 3° posto assoluto che premia i Raptors di Dwayne Casey, mio allenatore preferito, con una doppia doppia pesante del lituano Valanciunas (17 punti e 11 rimbalzi), Billy Donovan, il coach arrivato dalla NCAA a Oklahoma City, ha lasciato in panchina Durant e Westbrook per il brutto vizio degli allenatori NBA  di pensare che una partita di riposo possa cancellare lo stress. Utopia simile a quella del blocco del traffico a macchia di leopardo delle città italiane. Per risolvere un problema ne crei uno maggiore, lo stress individuale.
 
Oggi è il 13 aprile, data che rimarrà negli annali dello sport perchè alle 4.30 di mattina di giovedì per via del fuso, la California farà storia  per due eventi sportivi. A  Oakland con i Warriors campioni in carica occupati a battere Memphis ma soprattutto i Bulls di Jordan , in quello che è il record dei record. Spesso una squadra che vince la prima volta incontra dei problemi, invece i Warriors hanno fatto meglio e la NBA è pronta ad aggiornare gli almanacchi con 73 partite vinte e 9 sconfitte con un corredo di vari altri primati. Il match è quasi una celebrazione, sicuramente una festa per i tifosi della Baia, in attesa dei playoff che la squadra di Stephen Curry affronta con le nuove certezze  arrivate dal 2/0 contro gli Spurs delle ultime settimane.
 
Diversa allo Staples Center  è la festa per l’addio, dopo 20 anni di carriera, di Kobe Bryant che assume una dimensione mondiale con la presenza di 500 giornalisti fra cui un centinaio internazionali Questo sia per la grandezza di Black Mamba come giocatore, i suoi 33 mila punti, testimonial  in grado di moltiplicare i consumi, le vittorie olimpiche, i 5 titoli, la passione per il calcio europeo nata in lui nei sette anni passati in Italia. Me lo ricordo piccolino girarmi intorno tutto curioso ai tempi in cui  ero a Reggio Emilia per la Gazzetta a intervistare  l’estroso padre che ha voluto  chiamalo col nome di una bistecca di cui era goloso. Armani e Barcellona con più insistenza ma senza successo hanno provato a offrirgli un contratto a sua misura per giocare in Europa, dove sembrava dover giocare una gara ufficiale della Spaghetti League  in maglia Virtus ai tempi dello sciopero in cui avrebbe guadagnato 100 mila dollari al minuto. Senonchè nonostante l’annuncio Tv del signor Sabatini di Bologna  non se ne fece niente. 
 
Kobe è la dimostrazione vivente che il 13 porta fortuna. La gara d’addio, ultimo anello del farewell tour, operazione di marketing e business senza precedenti,  che gli ha fatto toccare con mano  l’enorme grado di popolarità con l’amore  che si mescola all’odio sportivo coincide col 13 del draft con cui Charlotte lo girò ai Lakers debuttando nel ’96-97, in piena esplosione della Jordanmania.  Nelle prime due stagioni  raggiunse il quintetto solo 7 volte, poi divenne il personaggio  del Terzo Millennio. Forse il suo talento puro non è stato quello di Jordan o Doctor J o di Iverson, ma l’atletismo spinto gli ha dato un posto fra i grandissimi e regalato l’appellativo di Black Mamba, il serpente velenoso che si avvita attorno alla sua preda e lo stritola. Ha tirato valanghe di tiro da 3, ma mai raggiunto il 40 per cento  come Curry in queste stagioni, però il personaggio mediatico  con le sue storie anche private non sempre belle, il riavvicinamento con la moglie che aveva chiesto il divorzio per le sue scappatelle  e  le accuse di una cameriera di aggressione sessuale, ne ha fatto il simbolo dei tempi dei social forum e della mondanità. 
 
Utah che spera di vincere e conquistare i playoff si troverà dentro un frullatore di sport, passione e curiosità. Il risultato della gara sembra davvero l’ultima cosa.. Il livello d’interesse supera quelli del ritorno di Jordan nel ’95 a Indianapolis e quello di Jeremy Lin ai tempi dei Knicks di Mike D’Antoni nel 2012. La NBA è riuscita ad accreditare 500 giornalisti,  200 le domande respinte, la stazione Metro di Pico, quello dello Staples Center, è stata ribattezzata per un giorno “Kobe Station” per il gran traffico. L’inno nazionale sarà eseguito dal bassista degli Hot Chili Pepper, presenti celebrità dello spettacolo e dello sport fra cui una dozzina di grandi ex campioni fra cui Shaquile O’Neal compagno e rivale col quale ha vinto 3 titoli. La grandezza di Kobe e la genialità di chi cura i suoi affari, è aver trasformato una stagione indegna del passato dei Lakers  in uno show unico che ha legato magicamente le città della NBA fra loro. Anche questo un primato culturale di questa Lega che ogni tanto si blocca per lo sciopero ma in fatto di passione e rispetto è ua lezione su scala mondiale. E di cui Kobe è il suo primo ambasciatore.
 
Va in archivio la regular season che può essere immaginata come un building: al piano nobile i Warriors (72/9) che battendo stanotte Memphis batteranno lo storico record dei Bulls ’95-96 di Michael Jordan; al 60° piano  solo gli Spurs (66/15) nella loro miglior stagione, anche rispetto ai 5 titoli della Duncan-era; al 50° piano sono in 4: 57/24 Cleveland e 55/26 Torono, le prime 2 dell’Est, e la 3a e 4a dell’Ovest Oklahoma (55/27 e Clippers (52/28).  Affollatissimo il 40° piano con 13 squadre sopra il 50%: all’Ovest Portland (43/38), Memphis (42/38), Dallas (42/39), Houston e Utah (40/41) che si giocano l’ultimo posto stanotte in casa con i Kings e fuori con i Lakers all’Est Miami e Atlanta (48/33) e, Boston e Charlotte (44/37) che si giocano il 3 posto, Indiana (44/37), Detroit (43/38) e anche Chicago (41/40) e Washington (40/41)  fuori dalla postseason. Al 30° piano all’Ovest i Kings di Belinelli e i Nuggets di Gallinari (33/48) che all’inizio di stagione ci avevano provato a salire e i Pelicans (30/51) di Anthony Davis che l’anno scorso erano nei playoff; 3 squadre anche all’Est:  Orlando (35/46) e Milwaukee (33/48)  entrambe in fase interessante di ricostruzione e i Knicks (32/50) in fase di ordinaria autodistruzione. Al 20° Phoenix (22/59) e Nets (21/60) che sono affondate pur cambiando allenatore, più grave la caduta della seconda squadra newyorkese che aveva provato fugacemente l’aria dei playoff e a far risorgere Andrea Bagnani presi dai Knicks e  liquidato a febbraio. Al 10° piano ci sono i Lakers (16/65) di Kobe Bryant che lascia un’eredità pesante anche se con i suoi giovani  molto discussi sono state una delle 9 squadre a battere i Warriors e il rovescio della medaglia che è Filadelfia (10/71). Pensate che il suo scellerato gm, il re del draft, anche se poi la farina de diavolo finisce in crusca ,  nei giorni scorsi ha avuto il coraggio di dichiarare che lascia una squadra migliore di quella che ha trovato!. E per  fortuna che la NBA gli ha imposto Jerry Colangelo presidente senior e D’Antoni come co-allenatore che quale sprazzo di vivacità sono riusciti a offrire, con 13 partite quasi vinte e perse alla fine, e senza Jahil Okafor, il n.2 del draft operato al ginocchio.
 
SKY SPORT TV – Giovedì  mattina alle  4.30 SK 3HD e SS 1HD  Lakers-Utah (differita ore 13, 19 e 23 SS 2 HD), oggi 13 aprile giornata speciale dedicata a Kobe Bryant per la sua ultima gara: a partire dalle 6 di mattina e per 24 ore, aspettando the last show  il  #SkyKobeDay  con i filmati degli incontri  che hanno fatto la storia: Gara4 della finale dei Lakers contro i Celtics nel 2010, gli 81 punti messi a segno nel gennaio 2006 contro i Raptors, Gara7 della finale di conference del 2002 con i Kings, Gara4 della finale del 2000 per l’anello contro i Pacers e l’epico All Star Game del 2003, con Bryant di fronte a Michael Jordan. 
RISULTATI martedì 12 aprile –  INDIANA-New York 102-90 (19 P.George 175 da3, 19 G.Hill, 6 S.Hill 11r; 21 Derr.Willias, 19 J.Grant tl8/9, ng C.Anthony, K.Porzingis); Detroit-MIAMI 93-99 (18 K.Cadwell-Pope, 16 M.Morris, 9 A.Drummond 4/11 tl1/4 18r;25 J.Johnson 10/15 5a, 17 L.Deng 10r); TORONTO-Filadelfia 122-98 (18 N.Powell, 17 J.Valanciunas 11r, 17 T.Ross 7/10; 24 R.Covington 6/10 da3, 14 N.Noel 10r); SAN ANTONIO-Oklahoma 102-98 OT (26 K.Leonard 1/5 da3 5r 5a, 20 T.Parker 8/14 tl4/5, 9 B.Marjanovic 8r, ng Ginobili; 17 E.Kanter 16r, 17 S.Adams 9r, 17 D.Waiters 1/7 da 3, ng K.Durant, R.West); LA CLIPPERS-Memphis
 
A cura di ENRICO CAMPANA

 

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