Sensi studia da Xavi per la Juve

E’ tra i giovani più promettenti dell’intero panorama calcistico nostrano: Stefano Sensi parla già da grande, nel corso di un’intervista rilasciata a Tuttosport.
 
Il centrocampista del Cesena è stato acquistato a gennaio dal Sassuolo in accordo con la Juve. I bianconeri potranno esercitare un’opzione sul giovane nella stagione 2017/2018, quando si stima potrà essere maturo per un’avventura all’ombra della Mole.
 
Ecco le parole del regista, ambizioso e motivato per il futuro: “Ho scelto il Sassuolo perché si tratta di un club serio e molto organizzato, poi ovvio che la sinergia con i bianconeri ha fatto il resto. Mancini venne a vedermi ma non parlò mai con me”, ha svelato.
 
La Juve è il sogno di ognuno: “Penso che arrivare a giocare in quella squadra sia il sogno di tutti i bambini. Ho sempre avuto un debole per il Barcellona che considero la squadra perfetta per definizione, anche se ormai si può dire che i bianconeri sono al livello dei catalani – ha aggiunto, augurandosi di trovare Pogba e Dybala quando arriverà a Torino -. Sarebbe un sogno per me arrivare in tempo per giocare con quei due. Di Paulo analizzo sempre le sue punizioni, cerco di capire il corretto posizionamento del corpo ed il modo di calciare il pallone”.
 
Il buon senso gli suggerisce di non spendersi in paragoni azzardati, ma tutti hanno un modello: “Pirlo e Verratti sono due campioni, io devo ancora migliorare tanto ad esempio sulle punizioni e mi fermo anche dopo l’allenamento per provarle, oltre ad i tiri in porta. Poi è ovvio che studio le loro gesta anche tramite Youtube, assieme a quelle di Xavi che è stato sempre il mio idolo. Il mio ruolo ideale è quello di regista davanti alla difesa, visto che la visione del gioco è la mia più grande qualità”.
 
La Juve è tra le squadre più attive nel mercato dei giovani e chissà se Sensi alla Juve non trovi proprio Diawara, suo ex compagno al San Marino: “A me ricorda tanto Yaya Tourè, gli consigliai di restare in Italia e giocarsi le sue chances. Prima di ogni partita ci sfidavamo nel gioco dei due tocchi: palleggi al volo senza usare coscia e testa, era una specie di rito”.

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