E’ di Harden il botto di Capodanno

“Mi sento parte di un sogno”. Dopo aver costruito con le sue mani e la sua testa un “milestone”, come gli americani definiscono le imprese sportive destinate a rimane per molto tempo nell’albo dei record, sir James Harden si presenta ai giornalisti in smoking e occhiali, con la sua barba da professore dell’800, e ringrazia Mike D’Antoni per quel gioco sinfonico che è il marchio del coach italoamericano il quale dimostra con i successi e lo spettacolo che la sua non è un’utopia, anche se è rimasto l’ultimo dei mohicani nell’era dei distruttori provenienti dal college. Scelte simili le faceva mezzo secolo Vittorio Tracuzzi, il coach degli scudetti della Virtus Bologna e dell’Ignis Varese il quale sosteneva controcorrente che la vittoria più bella era superare i 100 punti. E il primo a seguire il suo verbo fu il grande Cesare Rubini con le sue “scarpette rosse” e l’80 per cento dei titoli dell’Olimpia Milano.

Tutte le sere nella NBA il basket è un pretesto per il record, per queste feste c’è stato Isaiah Thomas, il piccoletto di Boston basso quanto Napoleone, che ha segnato venerdì sera 52 punti, di cui 29 dei 33 della sua squadra nel quarto finale. Ci sono però record e record, e quello di Harden, il botto di Capodanno, ha cancellato alcuni miti del passato, e confermato un’evoluzione del basket verso l’attacco che viene dal talento di star come Russell Westbrook, Steph Curry , LeBron James, Kevin Durant, Klay Thompson, Kevin Love, Kyre Irving e il “Barba” mancino di Houston e dall’abilità balistica affinata attraverso allenamenti specifici (Curry ad esempio chiude le sedute con tiri-limire da metà campo) premiata dal tiro da 3 che però non piace a tutti, proprietari e allenatori. Ci sono però triple-doppie di peso specifico differente e gli statistici della NBA che hanno infilato nel cervellone le migliaia e migliaia di dati da 60 anni assicurano che i 53 punti di Harden con 16 rimbalzi e 17 assist sono il primato assoluto, soprattutto per i 53 punti segnati. State sicuri che questa combinazione 53-16-17 finirà nelle slot machines di Las Vegas e qualche fortunato si riempirà la tasche. Quella della notte di San Silvestro ha riacceso i riflettori di Harden che alla vigilia della scorsa stagione disse di voler vincere il trofeo di MVP ma non gradiva Dwight Howard, campione statico, come compagno e godendo dei lampi di notorietà soltanto per la love story con una delle tante seducenti femmine del clan “Kardashian”. Inoltre il front office non era il massimo (vedi il tira e molla per Gentile), il general manager Morey era sotto accusa e il propretario decise di prendere personalmente in mano la questione allenatore e fra mezza dozzina di pretendenti scelse il meno giovane è il più chiaro nei discorsi sul gioco e il più ottimista. Il resto è venuto da sè. In una serata dei Rockets così così al tiro (47,7 al tiro, Ariza 2/10 ne tiro da 3 e 5/15 totale, Eric Gordon 5/15 da 3 e 5/19 totale e il 0/7 di Dekker) contro i Knicks che hanno chiuso in vantaggio tre tempi ma nel secondo hanno subito 19 punti di scarto (23-42), Harden è stato il totem 42 minuti con 53 punti (14/29 e 9 triple su 16), 16/18 tiri lieri, 16 rimbalzi (3 in attacco), 17 assist, 8 perse.

Un volume di gioco valutato in 80 punti e una prestazione brillante anche di Ryan Anderson sono state la base per un risultato non facile, perche le defezioni di Porzingis (infiammazione del tendine d’Achille) e Courtney Lee e il forfait di Anthony prima dell’intervallo per un dolore al ginocchio e un Rose con poca mira i Knicks hanno dato battaglia con 32 punti di Brandon Jennings, visto a Roma all’età di 19 anni e il gruppo europeo, doppia-doppia di Noah (15 p, 16r) il lituano Kuzminskas (14 punti in 10 minuti, high del suo primo anno di NBA) e lo spagnolo Willie Hernangomez , anche lui un rookie, che per la quarta volta ha pesato sui rimbalzi in doppia cifra. La serie di record, dopo quello assoluto (a proposito è la tripla-doppia n.15) eguaglia quello di Wilt Chamberlain come maggior numero di triple (9). I 52 punti valgono il record personale (precedente 51), eguaglia e stesso negli assist (17) e batte il su record come triple segnate (9). In questa stagione il “Barba” che lasciò Oklahoma per non vivere nell’ombra della ditta “Russell & Kevin” e mettersi in proprio è 1° negli assist (12 di media) e segna 28,5 punti partita.

Prima di iniziare la gara, il giornalista televisivo di bordo-campo ha chiesto a D’Antoni a chi voleva dedicare la vittoria. Mike risposto “a mio padre Lewis D’Antoni che ieri ha compiuto 103 anni”. Per quale ragione?, ha incalzato i giornalista?. E lui: “per stare al mondo quanto lui”. E ha concluso così: “Battuta a parte, mio padre mi ha dato molte lezioni, il suo modo di concepire la vita è una esepio rimarchevole” . Il padre di D’Antoni è stato il primo allenatore di Mike allenava al college a Mullens in Virginia. All’Est i Cavaliers (23/7) hanno lasciato indietro Toronto che due settimane fa aveva avuto l’occasione dell’aggancio e con i 121 punti li ha anche superati per media punti (110,9-110,8). Bugiarda la classifica dei Nets ultima con 8/24 assieme a 76ers (unica squadra a vincere il trasferta nel turno del 30 dicembre e a togliere ai Denver di Gallinari la possibilità di chiudere l’anno con l’8° posto): l’altra metà di New York ha infatti il 4° miglior (attacco 106 ). All’Ovest i Warriors, senza essere la squadra schiacciassi dell’anno passato che aveva finito l’anno con 4 sconfitte e stabilito il record del migliore start up fra tutti le Leghe professionistiche americane (25 vittorie consecutive ) iniziano al comando (29/5) anche quest’anno e potranno essere la prima a toccare le 30 vittorie battendo lunedì notte Denver una delle pche squadre ad aver sconfitto nella stagione scorsa Curry & c. Il dicembre folle dei Rockets che ha toccato i 140 punti coi Clippers nella penultima gara li ha proiettati al 2° con 114,9 posto dietro i Warriors (117) e il distacco fra le due artiglierie più pericolose della NBA si è ridotto a 2,1 punti. Mike D’Antoni smorza i toni e non guarda alla classifica, il secondo posto è tenuto saldamente dagli Spurs che in trasferta hanno perso due sole gare. “E’ stato un mese buono, ma dobbiamo migliorare in cose per aumentare le nostre prestazioni”, ammonisce Mike.

Il peggior attacco della Conference è di Dallas (95,1) ma sorprendente vedere Utah (4°) e Memphis (6°), le squadre superiori alle attese, sfidare le corazzate NBA segnando meno di 100 punti di media, per la precisione 98,9 punti la squadra di Quin Snyder e 96,6 quella del rookie-coach David Fizdale. Denver è fra l’incudine e martello, nel senso che è un squadra “posso” (4 attacco con 107,8) ma “non voglio” (quart’ultimo con 109,7 in difesa) con una “forchetta” ristretta di 1,1 punti che esprime bene il suo procedere in un limbo senza uno scatto deciso, per questo i dirigenti si guardano attorno dopo che Nurkic ha detto chiaro e tondo al suo allenatore che non starà a Denver per scaldare la panchina.

RISULTATI 31 dicembre – SACRAMENTO-Memphis 96-112 (26 DM Cousins 8a; 22 M.Conley 8r); Chicago-MILWAUKEE 96-116 (26 J.Butler 7r 8a; 35 I.Antetokounmpo 9r 7a; UTAH-Phoenix 91-86 (18 R.Gobert 13 r 3st; 19 E.Bledsoe 8r 8a); OKLAHOMA-LA Clippers 114-88 (17 Westbrook 12r 14a, 23 E.Kanter; 19 B.Bass 6r, 9 DA.Jordan 11r, assenti C.Paul, B.Griffin); Charlotte-CLEVELAND 109-121 (37 K.Walker 5r 5a; 32 L.James 6r 9a, 20 J.McRae 8/12 3/4 da3, assenti K.Irving, JR Smith); HOUSTON-New York 129-122 (53 J.Harden 14/26 9/16 da3, tl16/18, 16r 17a, 8pe 42′ 25 R.Anderso 8/12 6r 5a, 15 E.Gordon 5/15 da3; 32 B.Jannings 3/8 da3 5r 7a, 21 D.Rose 8/23 5r 7a, 15 J.Noah 16r, 14 M.Kuzminskas 5/9 2/5 da3, 3 W.Hernangiez 10r).

A cura di Enrico Campana

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