A Londra fa festa Toronto

Un giovedì notte che fa storia, e non solo per l’incredibile bravura di marketing dei nipotini NBA di Re Mida nel trasformare un match di secondo piano – anche se  Orlando e soprattutto Toronto seconda all’Est stanno facendo bene – in un evento di  portata planetaria puntando sulla swinging London, una piazza neutrale che però risponde sempre quando teatro, concerti e anche sport fanno “spettacolo & cultura”.
 
Londra è la base per un futuro sbarco in Europa dove s’è dato appuntamento tutto il mondo per il match vinto dai Raptors.
 
Peccato che alle 19 fossero già sul volo per Roma Gianni Petrucci e il suo segretario, chiusi i lavori del workshop della FIBA e incassata la conferma del preolimpico a Torino, dove il gran capo della FIBA ha illustrato la rivoluzione delle Coppe Europeo e mettere a punto il piano di battaglia per dare l’ultima botta ai competitors dell’Euroleague. Avrebbe il nostro presidente poco anglofono (ma amante del latino) potuto prendere spunto su come organizzare al meglio il preolimpico da 4 al 10 luglio essendo fuori dal giro da 30 anni e tenere contatti con un mondo (la NBA) entrato nell’immaginario dei giovani italiani. Mercoledì a Roma, presentando Ettore Messina, Petrucci ci dirà che col CT poliglotta, dalla Russia all’America con onore, il CT di ritorno sarà il ministro degli esteri dello sport italiano, con facoltà di prendere accordi persino con… la Casa Bianca anche se cambierà inquilino. E’ il minimo, dopo  aver presentato a suo tempo Simone Pianigiani come” il Ferguson del basket e il presidente-tecnico”.
 
La partita di Londra che valeva per la regular season, come dicevamo, è stata vinta dai Raptors dopo un supplementare ma potevano vincere anche i Magic di Scott Skiles, un coach duro, riemerso dal dimenticatoio tradito  proprio da due errori alla fine dei tempi regolamentari dal miglior marcatore della serata (27 punti, primato stagionale), Victor Oladipo rilanciato ai primi di gennaio come starter e sulla via giusta per dimostrare e sue qualità di n.2 del draft un paio danni fa dopo alcuni problemi, come una frattura delle ossa facciali.
La fortuna ha invece pagato il suo debito con i rampanti Raptors che nel 2011 uscirono sconfitti a Londra dopo un triplo overtime per due tri sbagliati di Andrea Bargnani e DeMarr DeRoran, uno che non ha mantenuto le promesse e l’altro che giovedì notte ha dato il suo contributo e su quale hanno messo gli occhi i Lakers per il dopo-Bryant.  Adoro coach Dwayne Casey, l’afro-americano della scalata della città mondiale più italiana. Toronto, dove hanno giocato Esposito, Bargnani e Belinelli.  Venuto dalla gavetta, emigrante in Giappone, venuto anche ad abbeverarsi in incognito anche alla cultura italiana ha dato al Canada una squadra-faro della sua realtà sportiva mutietnica.
 
E giovedì notte sembrava davvero di comprendere il vero significato dei Global Games cn questa gara teletrasmessa in diretta mondiale, per noi Sky e non si sa perchè trascurata dalla Rai. Mancava, è vero, solo un italiano, ma il tricolore era rappresentato dal totem de basket argentino Luis Scola, campione olimpico, che come tutti i connazionali famosi gioca con passaporto italiano.
 
Dopo il “God Save The Queen”, l’inno inglese, e quello americano e canadese, sono entrati in campo i due capitani Lowry e Vucevic per ringraziare la gente. Lowry è americano, scartato dai Rockets per non fare ombra a “Superbone” Harden, ha trovato la sua patria nel regno degli aceri.  E’ stata straordinaria l’idea della NBA diventata un brand planetario grazie a un avvocato di nome David Stern che fino a pochi mesi fa ha guadagnato 24 milioni all’anno, come il giocatore più pagato (Kobe Bryant) e del quale sono stato ospite alle Olympic Tower di New York e incontrato pochi mesi fa a Milano per la gara con Boston mi ha regalato il suo immutato affetto.
 
In campo c’era davvero una rappresentazione dell’aspetto umano del pianeta, americani i due allenatori, inglese l’Arena, e la maggior parte degli spettatori che fra non molto avranno la loro franchigia, la prima in Europa, scommettiamo? L’Europa era rappresentata dai Magic Nikola Vucevic, nato in Svizzera dove giocava il padre montenegrino e nazionale della piccola Repubblica slava, il francese meticcio Evan Furnier e una delle grandi speranze del basket croato il ventenne Mario Hezonja e dal Raptor Jonas Valanciunas, una forza della natura poco sotto, per ragioni d’età, ai fratelli Gasol nel ruolo di centro. Per il Centro-Sud America Shabazz Napier con mamma portoricana, altro rampante dei Magic e per i Raptors Luis Scola che passati i 35 gioca come 10 anni fa, e due promesse brasiliane che si fanno le ossa per le Olimpiadi di Rio, Bruno Cabloco e Lucas Noguera.
 
I canadesi sono su due sponde opposte, Corey Joseph, il capitano della nazionale canadese che chiuso da Tony Parker agli Spurs, è rientrato in patria e ha giocato la sua miglior partita con la nuova maglia dei Raptors e Andrew Nichoson di Orlando. Poi ci sono tanti californiani, uno di loro Aron Gordon, è dell’ultima cittadina prima del Messico. La cosiddetta Frontera. L’Africa ha il sangue del congolese Bismack Biyombo, uno capace di arrivare a toccare le stele per un rimbalzo, e che ha fatto miracoli quando Valanciunas era infortunato e di Keinde Babatunde Vicor Oladipo il cui padre è della Sierra Leone e arrivato negli Stati Uniti ha sposato un’infermiera nigeriana. Hanno avuto 5 figli, quattro sorelle, l’unico maschio Victor, un nome fatidico, che mandato a una scuola cattolica al liceo con la maglia della mitica Università di Indiana di Bird e Thomas ha vinto i maggiori premi della NCAA e scelto al n.2 nel draft solo perchè non altissimo (1,93). Che nelle ultime sei gare ha viaggiato col 53% nel tiro e il 67% da 3, le stesse cifre di Londra, con 10/20 e 5 triple su 7.
 
A cura di Enrico Campana

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