Guido Meda: “Valentino Rossi ha fatto bene”

Guido Meda ha detto la sua su quanto successo a Le Mans, con la caduta di Valentino Rossi a tre curve dalla fine.

“Si poteva scommettere qualsiasi cifra, anche un milione di miliardi di euro, che la gara di Rossi non sarebbe finita con il secondo posto – ha scritto in un’editoriale sul sito di Sky -. Che avrebbe provato comunque a vincere. O davanti o niente. Un po’ bisogna conoscerli i piloti per interpretare le situazioni tipo quella dell’ultimo giro di Le Mans”.

“La caduta di Valentino è indiscutibilmente frutto di un errore se non due, sì. È frutto della foga e della fame di vittoria a tutti i costi, sì. È un’occasione buttata, sì. Forse è pure un pezzo del potenziale titolo che se ne va. Sì. Non però perché sia un pazzo sconsiderato, ma perché c’erano alcuni motivi a determinarlo. Il primo lo spiega lui quando dice “ci sono giorni in cui senti che puoi farcela e bisogna che ci provi, sennò non sei nemmeno in pace con stesso. Stavolta era così e ci ho provato”. Un riflessione che prendi per buona di default. L’altro motivo sta nella circostanze: Rossi, finalmente a posto con moto e gomme, dopo essere sembrato uno stracotto al sugo a Jerez, stava correndo da ventenne vincente contro un altro ventenne vincente. E correre da ventenne vuol dire non essere nella considerazione di pensare alla possibilità di un fiasco. Se temi di cadere quando stai bene a tutto tondo, sei fregato. Non era l’ultima gara in cui si giocava il titolo (in quel caso ti accontenti come ha imparato a fare Marquez, stavolta in terra anche lui) e soprattutto non era Viñales l’avversario da lasciare davanti. Un altro magari sì. Ci sono troppi significati in Viñales per passargli il ruolo del capobranco a testa china e senza provarci. Stare davanti è tenersi il ruolo. Arrivargli davanti è dimostrargli che il vecchio non molla. Viñales è meritatamente quello che va di moda additare come l’Erede e nessuno che sia in forma ha fretta di passare un’eredità. Che poi ha pure riflessi sulla leadership nel box, trattandosi del compagno di squadra in Yamaha.

“L’autobiografia di Rossi si intitolava guardacaso “Pensa se non ci avessi provato“. Di solito nei titoli dei libri c’è il senso dell’opera. Ecco, in questo caso a conti fatti non provarci sarebbe stato meglio, ma non sarebbe mai stato il Rossi arrivato così, fino a qui. Questa storia sarebbe finita prima. Ne sta in compenso nascendo un’altra, quella di Viñales. È fantastico. Sa guidare, sa gestire, sa attaccare, a questo punto sa anche mettere pressione, sa mettere le parole, sa fare cose scomode senza mettersi nei guai. È un temprato dalla vita che oggi si ritrova attributi quadri per raccogliere quello che l’infanzia gli ha tolto. In questo senso forse più lui di Marquez può puntare a un futuro di dimensioni grandiose. Corre e spadroneggia in pista già col piglio del veterano passando silenzioso come una carezza sul velluto nelle dinamiche del paddock. Apre una strada a Zarco, che ancora deve dimostrare tanto, ma ha cominciato a farlo generando una vera Zarcomania. Gente pronta a garantire bollicine per i prossimi anni e tutti nelle mani della Yamaha”.

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