I playoff di Campana: “Non solo Daye”

 

Sportal.it ha chiesto un intervento sui playoff a Enrico Campana, giornalista grande esperto di basket e già prima firma della ‘Gazzetta dello Sport’.

Nei giorni scorsi Austin Daye, coccolatissimo figlio  di Darren profeta dei due scudetti di Pesaro e di una madre  con la tempra di Wanda Nara, ha compiuto 31 anni. Fino a due mesi il mach winner di venerdì sera a Sassari fa aveva vissuto sulla sua nuvoletta rosa, tanti centimetri, troppe coccole materne ma tanto talento puro che convinsero Detroit, in base al profitto sportivo del college e l’università a Gonzaga, a investire un decennio fa su questo spilungone californiano  di 2,11  n.15 del draft. Ma non sempre le prime scelte sono una polizza sicure, tanto che dopo 4 anni ai Pistons non esaltanti e un  breve passaggio nel 2014 a San Antonio che gli consentì  di vincere il titolo da attore non protagonista hanno capito che era meglio non insistere. Da quel momento la sua NBA non è stata più un sogno, ma un vagabondaggio dorato che  gli ha riservato catene di trasferimenti  a pacchetto, prima di approdare a Pesaro a metà stagione, probabilmente la sua miglior stagione con oltre 20 punti di media.

Sembrava un trampolino di lancio per l’Eurolega, il Galatasaray   aveva grandi aspettative, poi l’ha messo in naftalina e alla fine Venezia, giocando sul calo di quotazione,  ha fatto un buon affare con la vittoria della Coppa Europea dell’anno passato. Confermato per questa stagione però un certo punto De Raffaele voleva tagliarlo. Finalmente è scattato qualcosa in lui, non avrebbe avuto forse un’altra possibiltà. Nelle ultime due giornate ha segnato 21 punti di media, ma soprattutto ha dimostrato a Sassari  cosa significa un giocatore griffe NBA. Salvo i 28 punti contro Miami, non si ricordano di lui grandi partite, a  causa di due aspetti conclamati. Il primo il fisico da trampoliere, tanto che uno scout consigliava nella sua relazione di “praticargli delle pompe di ferro”, mentre ricordo un giudizio lapidario sulla personalità  evanescente del ragazzo  che lessi nei commentari del suo breve passaggio a Toronto.  Rivedeva in lui la delusione per le prove del nostro Bargnani : “Più che Austin Daye, con quella altezza e quelle percentuali di tiro sarebbe meglio chiamarlo Austin Bargnani”.

VENEZIA COME I RAPTORS- A questo punto il duello diventa una specie di enigma, la Reyer riguadagna il fattore-campo, ha il più alto numero di vittorie in generale (28/21)  e nei playoff (8/5 totale e 2/1 nella finale) e 4/2 nei confronti diretti avendo vinto 2 volte a Sassari in questa stagione, ma la Dinamo ha perso due volte  sul suo campo vincendo due gare, in Coppa Italia a Firenze e in g2 della finale.  I confronti diretti sono un indicatore sensibile, e Venezia  sembra ripercorrere la storia che ha portato i Raptors al titolo NBA, non era favorita nè contro i Bucks ma li ha battuti  nella finale dell’Est, non era favorita nella finale, aveva il fattore campo per le 58 vittorie stagionali contro le 57  dei Warriors e alla fine  ha trionfato vincendo ben  4 volte questa stagioni sul campo degli ex campioni e Venezia al Serradimigni ha vinto due volte, è imbattuta, mentre in casa sua per ora è 1/1 in questa finale e gioca gara4 al Taliercio. Ma soprattutto, altro dato da tenere d’occhio, è il suo trend, una crescita nel segno del suo sistema di stampo “industriale”, una catena di montaggio applicata allo sport con un compito ben preciso, come dimostra l’ingresso in campo di Daye sistematico nelle rotazioni, e avere un n.15 del draft NBA è un lusso unico per la realtà italiana Se nei quarti ha vinto 3/2 sfruttando il campo amico, in semifinale  la  crescita è stata esponenziale: ha rotto il ghiaccio in trasferta vincendo per due volte a Cremona, sotto organico, con soli 10 giocatori a referto, le due gare topiche (la prima e la bella) e poi la prima a Sassari.

VITTORIE COL CONTAGOCCE – Per la prima volta nelle 3 serie Venezia ha vinto g3, ma c’è un dato incredibile che i superanalisti Rai  non hanno mai  citato: mai vista in una finale una squadra avere una valutazione inferiore al punteggio  in 3 gare su 3, anche se le due vittorie  che mettono un’ipoteca sullo scudetto significa che il fine giustifica i mezzi (ovvero panchina XXL, giocatori più freschi e difesa Black and Decker, da qui il calo di 20-25 punti media dell’attacco sassarese che aveva polverizzato Brindisi e Armani) . Ok, il livello di gioco di questa finale non è alto, si segna col contagocce,  lo dimostrano il 72,9 punti di media dei veneziani nelle ultime 7 gare di cui una con 66 punti) ma gara 3 è stata appassionante come le altre. Un  thrilling spasmodico. Venezia ha perso i 14 di vantaggio e dal 50-64 dei primi 2 minuti dell’ultimo quarto (tripla di De Nicolao) ha incassato uno 0-14, al canestro di Pierre del 66 pari si è scatenato l’entusiasmo, ma dietro l’angolo faceva capolino la beffa. E sul filo del rasoio Daye è  sembrato quell’acrobata pazzo  che camminava sui grattacieli di New York. Seguito tutti con fiato sospeso, dal pubblico, dalla gente davanti alla Tv e  dagli stessi compagni e forse anche il suo allenatore che voleva tagliarlo dopo la sconfitta di Bologna. Ma alla fine, trovando un coraggio inaspettato,  la gara l’ha vinta lui. Un suo canestro da 2 e poi uno da 3 e in mezzo quello di Haynes. Un parziale di 7/0 micidiale anche se Gentile, Polonara, Spissu non si sono arresi. La  sentenza definitiva è arrivata con l’ultima tripla  di Daye (71-74) che poi segna il tiro libero del 73-76. Sassari con un orgoglioso quintetto little Italy ci crede ancora ma non riesce per ben due volte a creare sulla rimessa un tiro da 3 per il pareggio. Carica senza lucidità,  problema che si è trascinato dietro per tutta la gara, questione di fatica (Cooley non è stato quello delle prime gare e  invece la Reyer stavolta ha finito in attivo nei rimbalzi) ma credo che il principale problema sia stato il “braccino” . E il vantaggio del campo per l’enorme attesa è stato un boomerang, una specie di sindrome di Stendhal,  almeno questa la mia modesta  idea.

VENEZIA E’ TREND –   Vittorie/sconfitte VENEZIA: Regular Season 3°posto:  casa 11/4,fuori 6/9, totale 17/13; Playoff: Quarti 3/2 con TRENTO 3/2:  casa 3/0, fuori 0/2; Semifinale 3/2 con CREMONA: casa 1/1 , fuori  2/1; Finale con SASSARI 2/1: casa 1/1, fuori 1/0; Totale playoff : 8/5. Totale GENERALE: 28/15. Vittorie/Sconfitte SASSARI: Regular season 4° posto:  , casa 10/5. fuori 8/7; Plalyoff: Quarti con  BRINDISI 3/0, casa 2/0, fuori 1/0; Semifinali con MILANO 3/0, casa 1/0, fuori 2/0; Finale con VENEZIA 1/2, casa 0/1, fuori 1/1. Totale GENERALE: 21/13 CONFRONTI DIRETTI STAGIONE 2018/19:  Venezia-Sassari 4/1 campionato:  2/0 r.s., 2/1 playoff: Coppa Italia 0/1, Totale Generale 4/2… Diventa la sfida più lunga della stagione con 6 gare, prossimo appuntamento domenica 16  Sassari….

LA DICHIARAZIONE – Pozzecco se l’aspettava, e al telecronista che prima della gara gli chiedeva una previsione, ha detto: “Per noi cose fondamentali, bisogna trovare energia, dopo il problema del caldo e dei viaggi, e  poi l’aspetto della prima partita in casa. E io sto malissimo, sto proprio malissimo perché questa è una finale”.  Sempre prima della gara De Raffaele aveva suggerito alla Lega di rivedere i tempi d’intervallo fra una finale e l’altra.

ARBITRI – Sotto il profilo tecnico  gara di massima difficoltà  con una terna composta di 3 primi arbitri che avrebbero potuto pestarsi i piedi, invece ognuno è stato al proprio posto, a cominciare dal golden boy Mazzoni designato per i mondiali dalla FIBA. La cosa più buffa è  stata vedere il volpone Paternicò sbagliare goffamente la palla due d’inizio. Poi hanno scelto il metro di fischiare tutto, punire il gioco sporco e i falli in attacco, giusti i 5 falli di Watt e Vidmar, fuori luogo i piagnistei dei veneziani che alla fine hanno vinto, o no?.  Con questa terna avrebbero vinto gare1?

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