I playoff di Campana: “Chiusura con Zorzi”

Sportal.it ha chiesto un intervento sui playoff a Enrico Campana, giornalista grande esperto di basket e già prima firma della ‘Gazzetta dello Sport’.

Il commento  di questa  inedita e sfiancante ma appassionante finale  scudetto  non può essere che un’intervista al decano degli allenatori  italiani, Tonino Zorzi, che ha auto un ruolo chiave nel rilancio della  Reyer, e nell’oggi e nel domani i frutti nascono dalle radici vitali del  passato. Tutti quelli che hanno lavorato nella Reyer sentono un po’  loro  questo secondo tricolore che consolida il pedrigree, in fondo anche se  l’Eurolega non riserva all’Italia il dovuto rispetto, sei sicuramente  un grande club se vinci due scudetti in tre stagione e una coppa  internazionale e alla nascita di della Champions League,  il nostro  Paese era rappresentato dallo stendardo del Leone di San Marco.

– Questo scudetto Reyer rappresenta più la vittoria della tecnica o  della potenza, magari anche economica?

“Non può essere una cosa sola,  è la potenza  di un organico ben  selezionato, ma anche la capacità di un processo evolutivo nel corso  della stagione;  i giochi  che hanno caratterizzato questo trionfo non  erano quelli d’inizio stagione, ad esempio la scioltezza la sicureza,    nel mettere in condizione grandi tiratori come Bramos, Haynes e Daye  di  far canestro”

– 17 partite i 35 giorni e una bella stradominata, la Reyer entra nel  Guinness  dei primati dimostrando una resilienza d’acciaio.

“Sicuramente anche se tutti sono buoni atleti e abituati al lavoro, ma  vale anche per Sassari, non dimentichiamo  il disagio di ben 4 viaggi  contro 3”

– Venezia ha mostrato di avere nel suo bagaglio anche un’arma tattica,  vuoi invece che Sassari si sia cotta nel suo brodo?

“Come tutte le grandi squadre la Reyer non poteva affrontare tale sfida  solo con un tema,  e ha capito  che l’arma della difesa dura non bastava  e grazie alla velocità della circolazione della palle e ai blocchi ha  creato soluzioni determinanti per i suoi attaccanti di razza”

– Ma Sassari poteva davvero vincere?. La Rai ha confuso i  telespettatori, il commentatore senior, Michelini, ha detto che “un  basket  come quello di Sassari  non si vedeva da 20 anni” mentre l’ex  veneziano Ceron ha replicato convinto che Venezia fosse molto molto più  forte per talento?

“Il nonno diceva che le minestre si fanno con i ceci che si hanno…. Si  tratta di punti di vista e valutazioni differenti del valore dei due  rosters”

– Un aspetto della gara che nessuno ha evidenziato e che può diventare 
argomento di discussione?

“Sassari si è migliorata molto durante la stagione  e  giocato con un 
vero centro. Col bravissimo  Cooley si è tornati al gioco di 15 anni fa, 
mentre Venezia serviva i suoi  lunghi solo quando  erano avevano il 
vantaggio  d’esser marcati da difensori più basso ad esempio, abbiamo 
visto più volte  Spissu Smith, Gentile difendere su Watt e Daye”.

– Lei  hai sottolineato che il 3° quarto è stato decisivo nella serie 
finale, ma vogliamo dimenticare forse che Sassari solo una volta ha 
vinto l’ultimo quarto, e dopo  quella di g6 si è forse illusa?

“Ognuno pensa sempre di poter vincere, è giusto e logico, basta però non 
fossilizzarsi…. nel senso non si può continuare a ragionare così e 
quando l’avversario ti stoppa, occorre cambiare gioco”

– Il meglio e il peggio di questi playoff e di questa finale, nei vari 
aspetti?

“La cosa migliore vedere bavi giovani protagonisti nella finale, come le 
combo guard, Tonut, De Nicolao e Spissu capaci di essere play e 
tiratori. Peccato invece per il problema dl caldo, si sperava che dopo 
il primo scudetto  a Venezia sorgesse un nuovo palazzetto, ma non era 
una cosa facile nè scontata”

– Questa bella tanto a senso unico  ci ha confuso: è stata una coda 
delle altri 6 gare o una gara strana  fuori dal contesto?

“E’ stata la coda naturale, solo che Sassari ha pagato di più la 
stanchezza,  i suoi americani  Cooley, Thomas e Pierre avevano giocato 
gare migliori”

– Chi è i vincitore della sfida fra i due allenatori?

“Mi pare che l’esperienza del coach veneziano sia stata determinante: De 
Raffaele aveva già sperimentato una finale alla “vai o muori”,   era in 
una botte di ferro”

– Lei ha guidato una Reyer storica, che era un modello di gioco, aveva 
grandi campioni, qualcosa è rimasto ?

” Non so cosa sia rimasto, certo è rimasto lo spirito-Reyer, quello 
della Misericordia, e l’attaccamento dei tifosi”.

– Venezia ha vinto due scudetti perchè Milano non si è trovata sulla 
propria squadra, la fortuna le ha dato una mano?

“La fortuna arriva all’improvviso: non si sa chi sia il piu fortunato, 
di solito è il vincitore!”

– E’ giusto che la squadra campione d’Italia non abbia un posto di 
diritto nel momento dell’allargamento dell’Eurolega a 18 squadre?

“Mi pare proprio di no, ma le regole chi le detta?”

– Rispetto al passato i giocatori italiani hanno avuto un ruolo 
importante, è una buona notizia per la nazionale?

“Sicuro!… Tonut, De Nicolao, Spissu e tutti gli altri che hanno 
toccato il campo dando buone mani nell’aiuto agli altri possono arrivare 
all’amata maglia azzurra”

– Col secondo scudetto e una vittoria di coppa e un final four della 
Champions, oltre  a varie semifinali la Reyer entra definitivamente nel 
club delle grandi?

“Sicuro!… Il suo  staff   ha dimostrato forza e coerenza più di altre 
e i veneziani meritano il posto a cui sono arrivati”

– C’è un aspetto del lavoro o della personalità di De Raffaele che l’ ha 
colpita, o  il suo segreto è un mentore del calibro di Casarin ?

“Lo staff e lo spirito di gruppo: tutti hanno portato qualsosa di 
positivo al team”.

– Pozzecco si è lamentato dicendo che in Italia gli allenatori sono poco 
considerati..

“In verità qualcuno lo è molto poco e  molti altri lo sono troppo”

– Aver parlato di scudetto fin dalla prima gara è stato un gesto 
avventato o di coraggio del simpatico Poz?

“Non c’era avventatezza, ma solo fiducia nella propria forza e nella sua 
squadra”

– A me è sembrato che la squadra nella finale sia stata ammirevole, 
abbia doto tutto, ma non una sua identità specifica dell’opera di 
allenatore in questa speciale serata?

“La vittoria dello scudetto elimina il singolo e valuta il gruppo”

– Chi è stato per lei il vero MVP?

“Daye”

– Lei  stai scrivendo un libro di tecnica, quale spunto prenderà da 
questa finale?. E quale sarà il titolo e il fine dell’opera?

“S’intitolerà  “IMPROVE”  che significare senso del miglioraramento 
costante, quotidiano, che hanno espresso le due squadre di questa 
finale, e come le mie, con i vari giocatori che ho allenato, anche star 
come Steve Hawes che dopo Venezia ha fatto giocato con successo nella 
NBA, il grande Dalipagic, senza scordare gli americani Bucci a Siena e 
Caldwell a Reggio Calabria. Questa è l’unica parola  che pronunciavo 
bene e che spingeva i miei americani a lavorare di più.  Ho preso 
spunto  da quell che scriveva Jim McGregor ai suoi pivot, quando 
allenava la nazionale italiana: gli spediva telegrammi con scritto 
solo “DRILL,DRILL!!!”

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