Faccia a faccia: Enrico Campana intervista Antonello Riva

Nel test dell’applausometro del  Premio Fair Play, Antonello Riva col suo  bel discorsetto sull’enorme valore per la promozione dello sport italiano che può essere sprigionato   da incontri fra campioni di varie discipline come questo, non è stato inferiore a quelli riservati al ‘barone’ Causio –  che ha rinovellato, con particolari inediti, la famosa partita a carte sull’aereo al rientro dal mondiale vinto e dedicando il suo premio al presidente Pertini e al ct Bearzot  e al 91esimo compleanno di Boniperti – né a quelli per il collega brasiliano Zico e alle varie divine dello sport mondiale e azzurro sfilate davanti al famoso loggiato del Vasari  di Castiglion Fiorentino, un tempo dominio dei Medici ma oggi  una delle perle del territorio aretino.

Il Nembo Kid di Rovagnate, uno dei grandissimi della pallacanestro italiana, da  cinque anni è uscito inspiegabilmente,  senza colpe né  polemiche ma molto amareggiato, dai radar di un  movimento con la tendenza dell’usa e getta e in cui  i  nuovi arrivati (da altri mondi) trattano come alieni coloro che hanno scritto pagine storiche. Fortunatamente la Nemesi provvede a correggere gli errori degli umani, e in soli in 5 anni è diventato titolare con la moglie di un marchio tedesco leader con un fatturato di un milione di euro nel campo della salute e del benessere e dei cosmetici, dimostra almeno 10 anni in meno della sua età (57 anni), perfetto testimonial  della sua attività che riguarda anche gli sportivi.

Nell’anno del centenario del basket  azzurro , un appuntamento partito in sordina,  non si poteva trovare  un ospite  più degno come valori di gioco e qualità umane per parlare del “caso Italia”, dal primo posto dei favolosi anni ‘80 agli anni senza Mondiali e Olimpiadi e medaglie da 3 lustri.. Fortuna che Roberto Brunamonti e Carlton Myers, ex premiati del Fair Play, fossero in giuria e abbiano voluto  “sdoganare”  l’amico e stimato compagno, offrendo di  fargli da “valletti” in questa  bella reunion, poco sfruttata mediaticamente, con la presenza dei vincitori delle uniche due medaglie d’oro europee, quella di Nantes ’83 e Parigi ’99, il portabandiera di Sydney.

Un trio protagonisti anche di avventure olimpiche indimenticabili, mentre le generazione dei Gallinari, Belinelli, Bargnani, Datome  nel frattempo ha superato i 30 anni senza provare mai il brivido olimpico. Dulcis in fundo, l’edizione n. 23 del Premio, numero fatidico della maglia di Michael Jordan, ha voluto restituire al bomber della pallacanestro italiana, primo per punti segnati in Serie A (14.397) e in nazionale (3.875 in 213 gare, col top di 46 punti con la Svizzera), un doveroso riconoscimento che ai tempi dell’Olimpiade di Los Angeles venne archiviato senza la dovuta attenzione. In quei Giochi  l’Italia arrivò al quinto posto perdendo dalla Jugoslavia di Drazen Petrovic e Dalipagic e il nome del 22enne Riva  figurò nel quintetto All Stars 
assieme a quello di un certo…. Jordan. Il canturino finì al 4° posto dei marcatori con 23,4 punti, davanti a Jordan (17,1 di media) che nonostante  il bagno di umiltà voluto dal suo controverso coach, Bobby Knight,  fu proclamato il MVP dell’evento.

“Oggi  – osserva Luciano Capicchioni, il manager di grandi campioni di basket come Kukoc e Danilovic, membro della giuria del Premio Fair Play –  Riva andrebbe di sicuro nella NBA  e sarebbe una star per la stazza fisica e il talento del grande tiratore. I tempi sono cambiati, Petrovic dovette fare un anno di panchina prima di diventare titolare, oggi la NBA pullula di guardie europee che però non sono nemmeno vicine a giocatori come Antonello e Oscar Schmidt”

Riva ha vinto una cinquantina di premi,  fra cui l’Oscar del basket alla carriera, però non rimpiange un’esperienza NBA . “Sono stato nel quintetto All Star di Los Angeles nel quale il MVP era Michel Jordan e l’altra star era Pat Ewing, senza dimenticare Chris Mullin. Non credo di dovermi lamentare o giustificare quell’esperienza. Ho la coscienza a posto, mi sono sempre preparato al massimo per ogni impegno. Questo ha ripagato le mie scelte,  mi ha fatto diventare uomo, padre, oggi sono già nonno”.

“La NBA – aggiunge – non aveva le 30 squadre di oggi, la selezione era più feroce, e l’Italia  ti ripagava perché dominava nelle coppe e lottava per le medaglie.  La NBA era molto differente da quella di oggi, dove puoi arrivare al titolo con 3-4 ottime star. Per arrivare a vincere delle medaglie con la nazionale oggi  nel basket internazionale 
bisogna avere una forza di squadra dirompente, e l’opera di forgiatura oggi è più difficile. Non basta solo il talento di Gallinari e Belinelli, inoltre manca un centro di livello internazionale per cui la 
nostra squadra è atipica, può sfruttare la sorpresa ma se non ci riesce non può giocare ai livelli più alti. Una nazionale comunque è composta da 12 campioni, non da quattro, seppur fortissimi. Quando a Nantes vincemmo la medaglia d’oro europea avevamo ben tre play che avrebbero potuto giocare 40 minuti. Pierluigi Marzorati era il titolare, e dietro c’erano Caglieris che era fortissimo e Roberto Brunamonti”.

Il discorso scivola sui prossimi mondiali. “La lista di 24 giocatori dà un senso dell’abbondanza che non riflette la reale situazione, bastavano 15 o 16 giocatori, in realtà in campo non vanno mai più di 10 giocatori,  ma forse Sacchetti vuole mandare un segnale e cautelarsi nel caso di infortuni. Meo sta dimostrando coi fatti che non è vero che le sue squadre non difendono e giocano in libertà, al contrario giocano bene e sono solide in difesa,  c’è una traccia tecnica precisa. Anch’io ho dovuto ricredermi, tanto di cappello a Meo. Il problema è a monte con 2 stranieri anche in C  è chiaro che le attenzioni sui giovani sono minori”.

Le partite che ricorda di più sono legate alle due maglie più prestigiose indossate, la prima con Cantù poi una di 10 anni dopo con la maglia di Milano. Due sconfitte, ma educative. “La prima fu una semifinale scudetto, vincemmo la prima a Milano e perdemmo la seconda e la terza. Tre gare con pochi punti di differenza e supplementari. Segnando 32 punti a Milano mi consacrai un giocatore vero, anche se avevo solo 19 anni. L’ultima la sconfitta casalinga nella finale scudetto con Caserta. Fu un coltellata al cuore, il risultato segnò la fine brusca di un ciclo che avrebbe potuto durare altri 5 anni, ma Gabetti decise per il ridimensionamento, fu una delusione”.  “Ma – aggiunge –  l’amarezza non prese il sopravvento sulle scuse e sulle recriminazioni, uscii dallo spogliatoio e andai a complimentarmi con i casertani che non credevano a quel gesto di far play. Ma io avevo dato tutto, e se qualcuno era stato migliore di noi  bisogna accettare questa sconfitta, inoltre Nando Gentile e Sandro Dell’Agnello erano due amici”.

Riva ha poi chiuso a Rieti in Serie B, e cominciato la carriera di dirigente, con troppi compromessi, troppi bassi profilo e il padroncino di ferro che pretende di darti lezioni di basket. “Ho capito che andare avanti così sarebbe stato tempo sprecato, molto meglio che nessuno si sia fatto più vivo. Il basket italiano è in profonda crisi, e in una situazione poco soddisfacente. Ho deciso per il cambiamento, e i fatti mistanno dando ragione. Ho affrontato  questo passo con la stessa grinta e impegno di quand’ero giocatore e dopo 5 anni  la nostra azienda è fra le prime 5 d’Europa, in pieno sviluppo, con notevoli prospettive di ulteriore crescita”.

Gli chiedo se con prospettive di profitto potrebbe rientrare nel basket come co-proprietario, magari a Cantù. “La mattina quando mi sveglio vado subito a cercare le notizie di basket, seguo, sono informato, potrei pensarci ma sono sicuro che non farei una simile pazzia in questo contesto molto confuso”.

Oltre ai cestisti Antonello Riva (Carriera nel Fiar Play) e a Georgi Glushkov (Sport e Vita)  primo giocatore bulgaro nella NBA (Phoenix Suns), poi finalista con Caserta in Coppa delle Coppe  e giocatore di Reggio Emilia e Siena (a 37 anni) oggi presidente della federazione bulgara (con soli 6.000 tesserati, meno degli atleti di San Marino!) e titolare –  con un cognome ritoccato (prima era Gluchkov alla 
francese)  – di uno studio per il controllo dei bilanci e dei conti, questi gli atleti premiati (fra parentesi la categoria). Fra gli atleti:  il pallavolista  Andrea Giani (Sustenium Energia e Cuore) oggi allenatore di Modena; i calciatori Franco Causio (Sport e Vita), Arthur Antunes Coimbra detto Zico (Una vita per lo sport) e il georgiano Kakhaber Kaladze (Fair Play); il ciclista Daniele Bennati  (Fair Play Modello di Vita) vincitore di tappe al Tour, al Giro d’Italia e alla Vuelta; il pallanotista Gianni De Magistris (Personaggio Mito); Manuel Bortuzzo  (Lo Sport oltre lo Sport) il 19enne nuotatore colpito da un proiettile alla schiena che gli impedirà di camminare. Per quanto riguarda le campionesse invece: l’icona dell’esplosione del biathlon  Dorothea Wierer (Promozione dello Sport) delle Fiamme Gialle; la sciatrice Federica Brignone(Modello per  Giovani); la vincitrice di svariati titoli mondiali di Motocross, la poliziotta Kiara Fontanesi (Fair Play e Ambiente); tre leggende olimpiche dello sport femminile  come la ginnasta russa Svetlana Khorkina (Personaggio Mito) e nell’atletica la mezzofondista rumena Gabriella Szabo (Fair Play Modello di Vita) e l’etiope Derartu Tulu (Carriera nel Fair Play) prima donna africana a vincere l’Olimpiade nei 10.000 nel ’92 a trionfare nel 2009, a 37 anni, nella Maratona di New York . Premi speciali al presidente della Lega Calcio di B, avv. Mauro Balata (Fair Play Solidarietà) per le molte novità fra cui la VAR e i progetti sociali; al giornalista Ivan Zazzaroni (Narrare le emozioni) direttore  editoriale del Gruppo Amodei (Corriere dello Sport, Tuttosport, Guerin Sportivo, riviste di auto e moto); al medico della nazionale di calcio  dal 2004 al 2018 il professor Enrico Castellacci, e il Comitato Olimpico Sammarinese (I Valori Sociali dello Sport)  che conta 9.200 tesserati su 33.000 abitanti e  ospitato per 3 volte i Piccoli Giochi.

In 23 edizioni il Premio Fair Play è cresciuto di anno in anno, stavolta ha avuto il patrocinio della Comunità europea e del nuovo Governo. Il premio ricorda il nobile aretino Gaio Clinio Mecenate che fu l’ideologo illuminato di Cesare Ottaviano ai tempi del massimo splendore. Era un mecenatisimo culturale, oggi il motto del premio è aiutare lo sport  a migliorare in senso agonistico e sociale. Mecenate è il padrone di casa del Foro Romano di Arezzo, un teatro per gli spettacoli e le naumachie, oggi museo archeologico, che è l’ombelico della città.

Articoli correlati