Divorzio fra Venezia e Recalcati

San Valentino è il giorno degli innamorati, per l’Umana Venezia invece il giorno del divorzio con Carlo Recalcati, il coach che ha eguagliato il record storico di Valerio Bianchini: tre scudetti con 3 club diversi nel giro di 5 stagioni,  quello della Stella a Varese (’98-99), il primo della Fortitudo Paf Bologna (’99-2000) e il primo di Siena nel (2003-2004) per poi scrivere una pagina importante, la più bella negli ultimi 30 anni, alla guida della Nazionale con l’argento olimpico,  un bronzo europeo e il lancio di tanti giocatori.

“L’Umana Reyer Venezia – recita la nota  delle 12.49 di domenica 14 febbraio del club lagunare il cui presidente è in sindaco di Venezia Brugnaro –  comunica di aver sollevato Carlo Recalcati dall’incarico di capo allenatore della prima squadra maschile.
Al tecnico vanno i più sentiti ringraziamenti dalla società per il lavoro svolto e l’augurio per le migliori fortune personali e professionali. Contestualmente, l’Umana Reyer comunica di aver affidato la guida tecnica della prima squadra maschile a coach Walter De Raffaele che martedì 16 febbraio dirigerà il primo allenamento da capo allenatore”.
 
Prima è toccato a Sacchetti, poi a Recalcati: un pezzo prestigioso ed edificante  di cultura sportiva italiana gettata alle ortiche, con la frase di rito con l’immancabile ipocrisia dei ringraziamenti per il lavoro svolto.  Ormai non ci si può stupire più di nulla,  la Spaghetti League scivola sul piano inclinato che segue pedissequamente  il triste rituale de calcio quando i bilanci dovrebbero essere ponderati e tratti a fine stagione. Con rischio che spesso il rimedio sia peggiore del male.
 
In ogni caso c’era già state un paio di avvisaglie che facevano pensare a un  matrimonio sportivo sull’orlo della crisi di nervi. Uno scontro di caratteri sfociato in due episodi,  l’ultimo dei quali è avvenuto dopo la sconfitta casalinga con lo Zenit, quando il suo presidente piombò nello spogliatoio nell’intervallo facendo fuoco e fiamme. Finito lo sfogo,  Recalcati  uscì con questa frase: “Ha finito, adesso posso fare il  io lavoro?”.  Da un lato il flemmatico Recalcati con la sua ben nota professionalità e pazienza e l’affermazione del sacro principio dell’autonomia  nel suo ruolo, un rapporto fiduciario simile a quello di un direttore di giornale e l’editore.  E le sortite del  focoso Brugnaro il quale ha investito molto nel basket (creando anche un progetto-pilota territoriale che lega i neonati alla Reyer fin dalla nascita!)  con la sua azienda di lavoro interinale,  ma non può negare di aver avuto un ritorno sia in risultati (l’anno scorso a squadra arrivò al suo miglior risultato, a parte i due scudetti anteguerra, perdendo da Reggio Emilia in semifinale e rientrando nelle coppe europee) e d’immagine che hanno pesato nella corsa alla poltrona di sindaco col rilancio di un antico simbolo sportivo alla quale la Laguna è attaccatissima da tre quarti di secolo.
 
Come giocatore Recalcati è stato la manina d’oro del basket di Cantù, ha vinto il tricolore e conquistato coppe e  un Oscar del basket; come allenatore ha cominciato dal basso, con umiltà,  salendo di gradino in gradino utilizzando le sue idee e la sua personalità  via via mescolate agli insegnamenti dei grandi maestri della panchina come Bora Stankovic e Arnaldo Taurisano. Il suo quinquennio d’oro fra Varese, Bologna e Siena non ha precedenti come brevità di tempi, è seguito il capolavoro della finale olimpica di Atene dove un certo LeBron non è riuscito a salire sul podio. Tanti successi, pochi rovesci, comunque incassati con dignità. Forse il suo vero errore è stato quello di accettare il rinnovo del contratto sperando che il gentleman agreement col presidente dopo il chiarimento estivo fosse una garanzia, mentre il fuoco covava sotto la cenere e non ha aiutato il rapporto anche un’impostazione della squadra con troppe guardie e  senza un centro potente e tecnico, ma le ultime sconfitte sono certamente  il frutto di una serie di infortuni in una stagione fra gare e viaggi e un calo di  Phil Goss.
 
Recalcati lasciata la nazionale nel 2009, quando Meneghin dopo avergli firmato il rinnovo prese Pianigiani  sotto pressione di Siena e fu necessaria una transazione onerosa per la FIP, ha allenato nuovamente a Varese per due stagioni e poi è passato a Montegranaro, una piccola realtà, che però  si tolse parecchie soddisfazioni come la vittoria a Milano che spezzò la striscia record dei milanesi di oltre un anno in casa.
 
Il suo palmares è di 3 scudetti, una supercoppa, i secondi posti degli anni di Cantù, gli anni belli di Reggio Calabria dopo quelli di Zorzi. Ha vinto 496 gare sul 859, per il 57,7%, oltre a 100 vittorie elle coppe su 180.
 
Proprio questa settimana la rubrica di Sportal.it ricordava una frase di due anni fa, quando Recalcati, 71 anni portati splendidamente, raccontava di essere tentato – un giorno terminato il suo corso d’onore come allenatore – di entrare nell’agone per la presidenza Fip e chiudere una carriera unica. Scendesse in campo la Lombardia, la Balena Bianca del basket per il suo patrimonio di toria, risultati e di voti in grado di influenzare un’elezione, certamente sarebbe una scossa di vitalità  per il movimento che oggi è azzurrodipendente, specie sapendo che Gianni Petrucci  facendo fruttare il risultato del preolimpico di Torino soffiato a paesi più importati, ha già ordito la sua tela per arrivare  alla rielezione dopo Rio con voto plebiscitario. E senza però dare alla regione leader un ruolo strategico, spostando la vicepresidenza da Roma a Bologna senza altro merito di quello di un patto elettorale di carattere patto se non controriformistico.
 
A cura di Enrico Campana

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